mercoledì 23 luglio 2014

T - REX BLACK GETTER ROBOT BY SENTINEL


Nel corso degli anni la saga di Getter Robot si è dimostrata un grande serbatoio dal quale attingere per realizzare modelli da collezione e giocattoli di vario genere, diverse case di produzione hanno realizzato svariati prodotti, e addirittura, basato quasi completamente le loro line up. Aoshima è stata senza dubbio la più prolifica realizzando svariati gokin dedicati alle varie serie Getter Robot, ma anche la grande Bandai, soprattutto nella serie Soul of Chogokin, ha prodotto alcune bellissime rappresentazioni dei mecha creati da Ken Ishikawa. Non possiamo non citare Fewture che con le reinterpretazioni di Taku Sato dedicate a Getter Robot, ha gettato le basi della fortunata serie Ex Gokin che tutti ben conosciamo. Nel 2013 l’azienda Sentinel, nota più che altro per ottime produzioni di action figure, annuncia due gokin tratti dalla serie The Last Day, il Black Getter ed il Getter One. I prototipi mostrati mettono in risalto un’alta percentuale di metallo e soprattutto una forma tarchiata e tondeggiante, tipica della serie a cui si ispirano. Le foto successivamente pubblicate, con i modelli colorati, fanno presagire un’ottima qualità realizzativa oltre ad uno sculpt decisamente accattivante. Scopriamo insieme la nuova frontiera dei chogokin targata Sentinel.  

Il modello si presenta in un'elegante box nero, raffigurante il volto del robot: il design minimale ma accattivante, sembra suggerire che l'utenza cui viene proposto questo prodotto sia adulta e dal palato raffinato. La scatola a vetrina si apre a strappo tramite un velcro, esattamente come avviene nelle confezioni dei celebri “Myth Cloth” Bandai. Il modello è ben riposto all'interno tramite un sicuro imballo che lascia presupporre una particolare cura nel controllo qualità.

Il Black Getter con i suoi 16 cm di altezza, risulta essere leggermente più alto dei nagaiani “super robot chogokin” di mamma Bandai (Grendizer, Mazinger). Il mecha è in parte costituito da metallo (gambe e addome), ma tuttavia la lega utilizzata ed il sottile strato impiegato per forgiarne le parti, conferiscono un peso minimo al robot che si attesta sui 218 grammi. Il painting nero opaco sopperisce tale mancanza conferendo alle parti in plastica una perfetta fusione cromatica con le restanti componenti “die cast”. Al colpo d'occhio dunque, il Black Getter apparirà come uno sfavillante chogokin, non distonico rispetto ai suoi parenti Bandai. Nota di merito al mantello in tessuto, che riproduce addirittura le bruciature presenti nella serie tv. Come nella controparte animata, è possibile snodarlo per riprodurre dinamismi e pose iconiche grazie ad un'anima in fil di ferro interna, sia nella parte centrale che perimetrale. Peculiarità negativa: il punto di fissaggio dello stand, apposto sul dorso del robot, è occultabile con un apposito tappino di plastica. Quest'ultimo tuttavia, nel modello in esame, non risultava fissabile in alcun modo cadendo inesorabilmente ad ogni minimo spostamento!

Gli snodi sono ben realizzati: nonostante la frizione progressiva necessaria per posare il robot, le joint rimangono salde e rigide anche dopo numerosi piegamenti. Seppur meno snodato di un Revoltech, questo Black Getter eguaglia i super robot chogokin in tal senso, ma la cura e la dovizia per i particolari superano forse i suoi diretti rivali bandai di prima generazione. Come illustrato nelle fotografie, vi sarà possibile compiere angoli di novanta gradi con le articolazioni delle ginocchia e dei gomiti. Inoltre è presente uno snodo anche sul metatarso del robot, in grado di enfatizzare posture dinamiche.

Oltre allo stand per esporre il modello in diverse modalità (particolarmente indicato per quelle in sospensione), nella scatola troverete alcune mani di ricambio e relativi artigli da montare su di esse, retratti o estesi. Sono altresì presenti i famosi “tomahawk”, ornati da una splendida catena metallica. Questi ultimi possono anche essere fissati sul dorso del robot tramite appositi ganci. Il già citato mantello è forse la maggiore delle attrattive. Rimarchevole la sfumatura ombrata a bordo tessuto che enfatizza l'aspetto “battle damaged” del Getter. Una fornitura di oggetti essenziale quindi, come del resto era il corrispettivo animato, semplice ma molto curata.

Il prodotto ha tiratura, estetica, cura del dettaglio e posabilità che non lasciano dubbi sulla validità intrinseca del modello. Basta un rapido sguardo per comprendere che l'utenza cui è destinata quest'ultima fatica della Sentinel sia un pubblico dal palato raffinato, esigente ed al contempo disposto a pagare per tale resa. Purtroppo, al tal proposito, va menzionato il rapporto qualità prezzo: questo Black Getter costerà più del doppio di un comune super robot chogokin (eccezion fatta per il più recente e maggiormente oneroso Mazinkaiser). Si può imputare tale differenza di prezzo ad una tiratura minore e ad una mancata importazione ufficiale. Considerato inoltre che Sentinel è ancora un piccolo marchio all'interno del mercato robotico, è comprensibile l'esborso richiesto. Una piccola perla collezionistica, forse più indirizzata ad un'elite di estimatori dell'anime o a cultori del filone “Getter” che non a collezionisti seriali. Come illustrano le foto, il Black Getter sembra aver fatto tesoro delle precedenti esperienze Sentinel (come l'opinabile Eva 01) e si guadagna un pregevole posto nella “hall of fame” di tutti i moderni chogokin aventi la medesima scala. Consigliato a tutti, mantenendo vive alcune riserve: il prezzo (non sempre modico) e la consapevolezza di stare acquistando un prodotto lontano dagli espliciti fasti, come i costosissimi e massicci “Fewture”. Il Black Getter Sentinel infatti è un raffinato esempio di minuziosa eleganza nipponica, più desideroso di sedurre l'acquirente che di strabiliarlo per dimensioni o peso. 



martedì 22 luglio 2014

GX66 TRYDER G7 SOUL OF CHOGOKIN


Lucca Comics&Games 2013, è questa la sede scelta da Bandai per annunciare al grande pubblico di appassionati italiani il nuovo prodotto della linea Soul of Chogokin, il Tryder G7! Quello che viene mostrato alla fiera è praticamente il modello definitivo, colorato ed esposto insieme a quasi tutti gli accessori che andranno a formare il contenuto della confezione finale. Nel giro di pochi minuti le foto cominciano a circolare sul web generando chiaramente l’euforia di tutti quei bambini adulti che sono cresciuti con il ricordo della serie tv, me compreso ovviamente! L’attesa ora è finita, il Tryder G7 è uscito in Giappone il 28 Giugno e chi, come il sottoscritto, non ha saputo aspettare l’importazione ufficiale di Cosmic Group, è già in possesso di una copia del nuovo GX66.

La confezione non è piccola, con i suoi 44 x 30 cm e 17 di spessore fa intuire benissimo quali siano le dimensioni del suo contenuto. Come sempre azzeccatissimo l’art work frontale che vede il Tryder far bella mostra di se accanto alle varie trasformazioni ottenibili. La parte posteriore è una bellissima vetrina fotografica che mostra tutte le evoluzioni del modello e tramite pose dinamiche, alcune davvero molto belle, l’uso dei vari accessori. All’interno due box, uno in polistirolo contenente il Tryder, lo Shuttle, il modulo cingolato e le ali, mentre nel secondo in plastica trasparente sono racchiuse le armi, 3 coppie di mani, la seconda testa trasformabile, lo stand espositivo ed una piccola scatoletta con all’interno minuscoli accessori, alcuni da combinare con particolari armi ed alcuni da usare direttamente sul Tryder. Non può mancare ovviamente il classico libretto illustrativo che mostra i vari passaggi delle trasformazioni e l’esatto impiego di ogni singolo accessorio ed armamento. 

Sollevando la copertura in cartone del box in polistirolo si rimane decisamente a bocca aperta, si può solo ammirare il Tryder G7 insieme all’enorme navetta Shuttle in religioso silenzio! Qui però è doveroso segnalare un problema riguardante i blocchi in polistirolo interni, più precisamente quello che appoggia sul petto del modello. Bandai stranamente non ha inserito, come spesso ha fatto in passato, il classico sacchetto protettivo, ma ha solamente avvolto con del nastro trasparente la barra in polistirolo. A causa delle sollecitazioni dovute al trasporto, numerose copie son arrivate con il fregio pettorale rovinato e proprio a causa dello sfregamento con la barra protettiva. Nota questa davvero negativa perché sarebbe bastato davvero poco per evitare questo fastidioso problema, consiglio quindi a tutti i futuri acquirenti di controllare bene il modello prima di ritirarlo in negozio. Subito i dati relativi alle dimensioni ed ai pesi dei tre corpi principali della produzione Bandai, il Tryder è alto 24 cm per un peso di 767 grammi. Lo Shuttle misura 20,5 cm in lunghezza per 14,5 di larghezza ed ha un peso a vuoto di 370 grammi. Nel vano interno la navetta può accogliere il modulo cingolato che serve ad ottenere la trasformazione in carro armato del Tryder, le sue misure sono di 13 cm per 10,5 di larghezza con un peso di 150 grammi. Il modello trasmette un’ottima sensazione di pesantezza dovuta alle parti in metallo che sono distribuite sul corpo. Il busto, gli stinchi, i piedi, il telaio centrale e le articolazioni di braccia e gambe sono realizzati in zama, mentre il resto della struttura è in plastica. La verniciatura non presenta nessun tipo d’imperfezione, anche sulle parti in plastica del robot non ho rilevato nessun segno di stacco dalle sprue e questa senza dubbio è cosa molto molto gradita. Tecnicamente il Tryder è realizzato in modo impeccabile, può compiere molto semplicemente tutte le sette trasformazioni che si vedono nella serie animata. Onestamente quelli compiuti dalla testa non sono veri e propri cambiamenti di forma, ma più semplicemente piccole varianti ottenibili grazie alla diversa posizione di alcune parti mobili. La prima trasformazione è quella in astronave chiamata Tryder Cosmic (28 cm), il fregio con l’aquila si alza per permettere al busto di separarsi in due parti e ruotare. Successivamente le braccia vengono posizionate nel senso opposto, le ali si abbassano mentre il bacino viene fatto salire verso l’alto. Ultima fase è l’unione delle gambe ed il ribaltamento dei piedi, tramite l’utilizzo di due perni ad incastro presenti nell’interno della gamba (retrattile) e del piede sinistro (fisso), si ottiene il bloccaggio delle parti. Una volta in posizione si alzano gli alettoni gialli nascosti all’interno dei piedi. Per completare la Tryder Cosmic si fanno rientrare i pugni e si applicano le due coperture che simulano i reattori, mentre dal retro delle gambe e dal bacino fuoriescono i carrelli di sostegno in metallo che sorreggono perfettamente il modello. Bandai ha inserito nella confezione anche un piccolo sostegno ad U per garantire ancor più stabilità alla versione astronave. La seconda trasformazione è la Tryder Eagle (24 cm), si realizza semplicemente ribaltando le gambe nel senso opposto andando poi a bloccarle tramite gli appositi fermi concepiti sul corpo centrale. La teta si stacca ed entra in scena quella trasformabile che si aggancia  all’estremità del bacino mediante l’apertura di un piccolo sportello. Anche per questa versione Eagle Bandai ha previsto dei carrelli di sostegno che vengono estratti direttamente dal frontale delle gambe, mentre per la parte anteriore della configurazione si usa quello posto all’interno del bacino. Terza trasformazione, chiamata Tryder Beagle (24 cm), è il carro armato ottenibile grazie all’agganciamento del robot al modulo cingolato. Per realizzare questa configurazione si riporta il Tryder in versione normale, si fa ruotare il bacino portando le gambe in estensione con i piedi completamente abbassati. Fatto questo si procede all’aggancio con i cingoli che avviene molto semplicemente tramite gli appositi vani di fissaggio che si trovano nel lato interno dei femori. Ultimo passaggio è riservato all’estensione della braccia in avanti ed all’inserimento delle apposite mani con le dita dritte. Ovviamente i cingoli rotolano veramente ed il Tryder può ruotare a 360 gradi grazie alla base girevole a cui è agganciato. Tryder Fortress è la quarta configurazione, si realizza agganciando la versione astronave alla navetta Shuttle, in questa versione il GX66 raggiunge la ragguardevole misura di ben 44 cm di lunghezza! L’unione avviene in modo fedele a ciò che si vede nella serie tv, Bandai non ha trascurato nulla e per rendere il più stabile possibile l’unione dei due moduli ha previsto il bloccaggio grazie a due perni (ruotabili) che vanno ad incastrarsi nelle fessure presenti accanto alle spalle del Tryder. Passiamo ora alle tre varianti riservate alla testa, come detto all’inizio è presente nella confezione una versione trasformabile con addirittura un’espressione facciale diversa. Questa mascherina è intercambiabile con quella già presente sul Tryder in modo da poter giocare con due espressioni diverse. La trasformazione avviene ribaltando il volto e facendo scorrere il vetrino protettivo in avanti. Fatto questo semplice passaggio non resta che  allungare la punta della testa ed il gioco è fatto. Abbiamo ottenuto la versione chiamata Hawk. La seconda configurazione, chiamata Mobile, si ottiene semplicemente chiudendo la punta aperta in precedenza e piegando verso l’altro le parti laterali grigie. Fatto ciò si aprono i piccoli carrelli posti nella parte sottostante. L’ultima versione è la Marine, si fanno rientrare i carrelli aperti in precedenza per la Mobile e si posizionano quelli presenti sopra le grandi corna grigie ed estraendo quello sotto al volto. Per completare il tutto si fanno ruotare le piccole corna gialle all’indietro, tutto molto semplice direi, nessun pezzo da attaccare o staccare per ottenere le tre versioni, un piccolo capolavoro. 

Ad una prima occhiata il nostro Tryder G7 sembra avere poca mobilità, ma analizzando più approfonditamente il modello ci si accorge con molto piacere dell’esatto contrario, ma procediamo con ordine. Le due teste, pur essendo esteticamente simili, hanno mobilità diverse. Quella normale ha un’escursione del collo più ampia potendo contare su di un doppio snodo che le consente d’inclinarsi e piegarsi in modo più accentuato. Quella trasformabile invece risulta essere più statica dovendo pagare inevitabilmente il dazio dovuto all’ingombro dei congegni interni che le consentono la trasformazione. Le braccia ruotano a 360 gradi e salgono lateralmente raggiungendo un’angolazione di 90. L’avambraccio si ripiega su se stesso quasi completamente e può ruotare grazie ad un perno posto immediatamente sotto alla spalla. Interessante novità introdotta da Bandai è il piccolo sportello apribile per gestire con più facilità l’estrazione delle mani retrattili, aprendolo si può far scorrere molto più semplicemente il pannello interno a cui è fissata la mano con le dita mobili. Anche se esteticamente forse non è il massimo, l’impiego di questa nuova soluzione si rivela davvero molto utile rendendo molto più semplice l’operazione di estrazione che molto spesso, su modelli precedenti, risulta essere davvero scomoda e fastidiosa. L’applicazione dei vari set di mani avviene montando l’apposito pannello con la sfera di aggancio che offre altresì  un’ottima escursione dei polsi. L’apertura delle gambe è gestita da uno snodo completamente in metallo molto simile a quello usato alle anche del GX53 Daitarn 3, l’estrazione consente una più ampia divaricazione dell’arto che, oltre a questo movimento, ha la possibilità di ruotare sul proprio asse consentendo una migliore stabilità in base alla posa scelta. Se la fase di apertura risulta essere più che soddisfacente, così non si può dire per quella di avanzamento frontale che, esattamente come nel GX53, risulta essere limitata. Nel GX66 però si può ovviare a questo problema facendo ruotare le due parti del bacino che consentono alle gambe di essere sollevate abbondantemente. Questo escabotage però lascia un vuoto antiestetico dovuto all’abbassamento delle parti sopracitate, questo perché pur essendo separato in due parti distinte, il bacino nella fase di movimento è gestito da un unico perno. L’articolazione delle ginocchia permette di piegare quasi totalmente gli stinchi verso i femori, mentre le caviglie sono gestite da un sistema simile a quello già visto sullo Zambot Ace o, in modo un po’ differente, sul GX59 Daltanious. Il piede scorre e s’inclina all’interno della struttura terminale della gamba lasciando inesorabilmente un vuoto nel mezzo. Questa soluzione risulta essere però più funzionale e d’impatto estetico meno rilevante a ciò che si potrebbe pensare, andando a paragonare il GX66 con il GX59, si può notare come visivamente questa parte del Daltanious risulti essere esteticamente meno riuscita. Faccio notare che tutte le articolazioni principali sul modello sono a scatto, cosa che garantisce una stabilità superiore nel protrarsi del tempo. 

Le armi presenti nella confezione sono tutte quelle che compaiono nelle serie televisiva, ad essere pignoli manca un gadget che simuli l’attacco finale Aquila di Tryder, presente peraltro in una delle vecchie edizioni anni 80 del modello. A nostra disposizione quindi abbiamo l’intero arsenale da poter esporre in base alla nostra fantasia…..Dardo di Tryder con lame mobili per simularne l’apertura….. Cannone a raggi polarizzanti con la possibilità di essere agganciato al fianco del modello….. Catena di Tryder con parti uncinate realmente apribili….. Lame di Tryder posizionabili tramite perni di fissaggio alle apposite mani aperte, sui fianchi e sull’estremità del laccio….. Spade di Tryder con estremità dell’elsa ripiegabile….. Frusta e Laccio combinabili fra loro tramite apposito perno di aggancio, il laccio ha un cavo metallico pieghevole per simularne il movimento….. Anche in questo caso Bandai non lascia nulla al caso e realizza sulle gambe del Tryder G7 i vani apribili per simulare l’uscita di alcune armi, possiamo per esempio riporre la testa del Dardo o l’impugnatura delle Spade. 

Oltre alla riproduzione del Tryder abbiamo a disposizione anche la navetta Shuttle che accompagna i viaggi di Watta e che ospita tutto il suo staff. Come già scritto all’inizio dell’articolo, le dimensioni della navetta sono decisamente grandi e la sua esposizione implica la disposizione ad avere un certo spazio. Bandai replica molto fedelmente l’estetica del mezzo riproducendo perfettamente ogni singolo dettaglio, sia esterno che interno. Lo Shuttle è dotato di parti mobili laterali che si aprono per mostrare i lancia missili, di supporti estraibili per la fase di atterraggio, la rampa di salita e discesa equipaggio e addirittura del cupolino posteriore apribile che può accogliere il fregio pettorale del Tryder. Parte clou della realizzazione sono i vani di aggancio anteriore e quello posteriore, sede del modulo cingolato. Per la fase di aggancio al Tryder Cosmic si spinge all’interno il pannello frontale con bloccaggio a molla e si estrae la guida blu dove scorrerà la testa del modello, successivamente dalla parte alta frontale, si fanno ruotare i due perni di aggancio che hanno il compito di garantire il blocco ad aggancio avvenuto. Il vano posteriore si apre tramite l’apertura del pannello centrale, per permettere la discesa dei cingoli ci sono due vere rampe estraibili che, una volta in posizione, consentono l’estrazione o l’immissione del modulo proprio come avviene nel cartone animato. Tutta la struttura è ovviamente realizzata in plastica, la colorazione è impeccabile e priva di qualsiasi imperfezione, le varie parti mobili sono gestite da perni con movimento ad atrito mentre per i carrelli estraibili abbiamo una soluzione a scatto. Quello che ai più potrà sembrare un inutile ed ingombrante gadget da riporre in scatola, si rivelerà invece come pezzo forte per l’esposizione! Bandai ha dimostrato una cura realizzativa ineccepibile valorizzando con numerosi dettagli la navetta Shuttle.

Ultima sorpresa è riservata dal piccolo stand espositivo adibito esclusivamente all’esposizione delle armi ed accessori. Nella parte frontale si può esporre la testa trasformabile o quella normale, a seconda della scelta effettuata. Per rendere omaggio alla serie animata Bandai ha realizzato l’apertura dei pannelli intorno alla testa proprio come nel parco giochi all’uscita del Tryder, cosa che sicuramente fa felici tutti noi nostalgici appassionati. All’interno di questo piccolo vano lo spazio è adibito all’ inserimento dei pannelli supporto mani e di quello motori posteriori. 

Il lancio del GX66 è stato accompagnato da quello di un nuovo display stand venduto separatamente, chiamato Stage Act Chogokin. Bandai ha prodotto questa nuova basetta opzionale per personalizzare l’esposizione dei prodotti della serie Soul of Chogokin, Metal Build e Super Robot Chogokin. Le dimensioni sono notevoli, la base ha un ingombro di 18,5 x 16,5 cm mentre in altezza si raggiungono complessivamente i 30 cm, 26 togliendo i 4 cm della base di appoggio. Oltre ai vari modelli si possono esporre gli accessori che si hanno in dotazione, tramite l’uso di appositi ganci inclusi nella confezione, possiamo disporre a piacimento ogni tipo di arma o parte opzionale. Nascosto da un pannello removibile, troviamo anche un vano secondario dove poter riporre set di mani e oggetti più piccoli in modo da non essere persi. Questo nuovo stand può essere agganciato a più copie tramite la rimozione dei pannelli laterali della base che ruotati e riposizionati rivelano le sedi di fissaggio per lo stand successivo. 

Il Tryder G7 Soul of Chogokin ha dimostrato ancora una volta la strapotenza tecnico/realizzativa di Bandai, la casa nipponica ha concepito in maniera impeccabile sotto ogni punto di vista uno dei GX forse più attesi di sempre dal popolo degli appassionati robotici. Dalle proporzioni fino ad arrivare al più piccolo dettaglio della progettazione, questo prodotto si attesta come una delle migliori produzioni Soul of Chogokin dell’intera serie! I M P R E S C I N D I B I L E per ogni collezionista ed appassionato di Robot giapponesi, il Tryder G7 Bandai soddisferà anche i più esigenti spingendo probabilmente i più incalliti all’acquisto di più copie per esporre le configurazioni principali. Bandai ha vinto una sfida sicuramente non semplice, tante trasformazioni da gestire mantenendo fedeltà estetica e posabilità…..giù il cappello signori davanti alla migliore casa di produzione del settore.