domenica 18 marzo 2018

GX75 MAZINKAISER SOUL OF CHOGOKIN


Quando negli anni ’70 in Giappone furoreggiavano i super robot di Go Nagai come Mazinger Z e Great Mazinger, l’idea era di farne una trilogia concludendola con God Mazinger. Poi la moda degli ufo e il successo del corto La grande guerra dei dischi spaziali (arrivato in Italia dopo più di 30 anni con il titolo di Ufo Robot Gattaiger) fece cambiare idea a Toei Animation, che prendendo quasi tutti gli elementi di Gattaiger insieme a Go Nagai creò Ufo Robot Grendizer (Goldrake), utilizzando il personaggio di Koji Kabuto come elemento di continuità con le due serie precedenti. Il nome di God Mazinger venne invece riciclato per un’altra serie di Nagai, totalmente slegata dal trittico.

Nel 1997 però gli sviluppatori di un nuovo videogioco della serie Super Robot Wars vollero inserire al suo interno una versione più potente dei Mazinger visti fino a quel momento, facendo così nascere il Mazinkaiser. Dopo un restylig grafico, nel 2001 Mazinkaiser approda in animazione con sette ova e un film. Mazinkaiser animato però non prosegue da dove l'epopea si era conclusa negli anni ’70, ma riscrive gli avvenimenti e fa la sua prima apparizione nella parte di storia in cu Koji sta ancora combattendo contro il Dottor Hell. Viene quindi rivelato che Juzo Kabuto lo ha costruito prima di Mazinger Z ma di essere stato abbandonato per via della sua difficile governabilità. Il film invece, intitolato Mazinkaiser contro il Generale Nero, vede Mazinkaiser affrontare le armate di Micene. È proprio da questo film che Bandai trae le fattezze per il 75esimo Soul of Chogokin.

Il robot ha una distribuzione di metallo abbastanza buona (busto, bicipiti, bacino, cosce, parte anteriore delle gambe, piedi). In mano è molto solido e il peso si sente. Si nota comunque come la sua realizzazione sia stata influenzata dalla produzione delle versioni D.C. (Dynamic Classic) dei vecchi gokin nagaiani. Abbiamo infatti un doppio volto intercambiabile (con occhi accesi o spenti), il sistema delle spalline agganciate in alto (che se non ben posate creano qualche inestetismo) e la basetta che contiene le parti opzionali. È invece assente la gimmick del cambio di “mutanda” (in molti diranno *per fortuna*) che permette ai D.C. di piegare le cosce in avanti oltre un certo angolo. Ma in questo caso sarebbe stato inutile, dato che il design del robot consente di farlo senza apportare modifiche. Per il resto abbiamo: il sistema delle spalle che prevede una flessione in avanti delle stesse attraverso un meccanismo a sfera; le placche pettorali rosse che possono ruotare verso l’alto per non ostruire il movimento delle braccia verso il loro lato opposto; il busto che può inclinarsi in avanti e in indietro; l’appoggio del piede che si può separare in due dividendo punta e tallone per pose più dinamiche; le sfere che agganciano le cosce alle anche che possono muoversi in avanti. Quindi la rappresentazione del meccanismo di estrazione delle spade. È possibile infatti simulare la fuoriuscita delle due Kaiser Blade dalle spalle e della gigantesca Kaiser Sword dal petto cambiando alcuni pezzi. Per il Gigant missile invece basta togliere la placca romboidale posta sulla zona ombelico. Peccato che rimangano a vista i due fori dove la placca era agganciata. Per concludere, le corna possono essere abbassate in avanti per raffigurare il lancio dei raggi congelanti. Il modello è impreziosito da una colorazione dorata molto piacevole che è stata applicata a gomiti, ginocchia e caviglie.

Infine, parliamo del Kaiser Scrander. Nella confezione troviamo due paia di ali, una per il volo e una per le pose a terra. La particolarità di questo Scrander sono due. La prima è che si può scegliere se agganciarlo alla schiena o alla vita. Tipicamente, alla schiena ha un risultato estetico migliore per le pose a terra, mentre alla vita per quelle in volo. Inoltre le ali possono ruotare e piegarsi sul corpo centrale. Può sembrare un’operazione dubbia, dati anche gli snodi a vista, ma complice la grande apertura alare il fatto di poterle piegare all’indietro ci guadagna dal punto di vista estetico. Per quanto riguarda l’esposizione, la basetta presenta due tipi di bracci con cui bloccare il robot in posizione eretta: uno classico a pinza che gli cinge la vita e uno a incastro che si aggancia alla schiena (cosa vista anche nei DC).

La colorazione è decisamente molto valida e priva di imperfezioni, anche sulle plastiche. In generale comunque tutto il modello risulta essere ben curato, forse i magli potevano essere leggermente più grandi, ma questo è solamente un mio parere estetico personale. Diciamo che tutto il mecha mi sarebbe piaciuto un po’ più massiccio, come il Riobot Sentinel per capirci. Si vede chiaramente come la produzione dei recenti D.C. abbia influenzato pesantemente anche questa realizzazione.

Anche Bandai finalmente produce il suo Mazinkaiser GX, dopo la discutibile versione SRC, questa Soul of Chogokin raggiunge i concorrenti delle altre case di produzione. Forse arriva un po’ tardi dato che il personaggio vanta già diverse rappresentazioni, ma la sua qualità realizzativa pone il GX75 ai vertici della classifica. Qualche scelta tecnica non mi è piaciuta, come la totale assenza di snodi a scatto, ma nel complesso il modello merita tantissimo ed ha un impatto scenografico decisamente esaltante. Se ancora non avete un Mazinkaiser in collezione il nuovo Gx75 Bandai è sicuramente una scelta da tenere in grande considerazione.