Quando negli anni ’70 in Giappone furoreggiavano i super
robot di Go Nagai come Mazinger Z e Great Mazinger, l’idea era di farne una
trilogia concludendola con God Mazinger. Poi la moda degli ufo e il successo
del corto La grande guerra dei dischi spaziali (arrivato in Italia dopo più di
30 anni con il titolo di Ufo Robot Gattaiger) fece cambiare idea a Toei
Animation, che prendendo quasi tutti gli elementi di Gattaiger insieme a Go
Nagai creò Ufo Robot Grendizer (Goldrake), utilizzando il personaggio di Koji
Kabuto come elemento di continuità con le due serie precedenti. Il nome di God
Mazinger venne invece riciclato per un’altra serie di Nagai, totalmente slegata
dal trittico.
Nel 1997 però gli sviluppatori di un nuovo videogioco della
serie Super Robot Wars vollero inserire al suo interno una versione più potente
dei Mazinger visti fino a quel momento, facendo così nascere il Mazinkaiser.
Dopo un restylig grafico, nel 2001 Mazinkaiser approda in animazione con sette
ova e un film. Mazinkaiser animato però non prosegue da dove l'epopea si era
conclusa negli anni ’70, ma riscrive gli avvenimenti e fa la sua prima
apparizione nella parte di storia in cu Koji sta ancora combattendo contro il
Dottor Hell. Viene quindi rivelato che Juzo Kabuto lo ha costruito prima di
Mazinger Z ma di essere stato abbandonato per via della sua difficile
governabilità. Il film invece, intitolato Mazinkaiser contro il Generale Nero,
vede Mazinkaiser affrontare le armate di Micene. È proprio da questo film che
Bandai trae le fattezze per il 75esimo Soul of Chogokin.
Il robot ha una distribuzione di metallo abbastanza buona
(busto, bicipiti, bacino, cosce, parte anteriore delle gambe, piedi). In mano è
molto solido e il peso si sente. Si nota comunque come la sua realizzazione sia
stata influenzata dalla produzione delle versioni D.C. (Dynamic Classic) dei
vecchi gokin nagaiani. Abbiamo infatti un doppio volto intercambiabile (con
occhi accesi o spenti), il sistema delle spalline agganciate in alto (che se
non ben posate creano qualche inestetismo) e la basetta che contiene le parti
opzionali. È invece assente la gimmick del cambio di “mutanda” (in molti
diranno *per fortuna*) che permette ai D.C. di piegare le cosce in avanti oltre
un certo angolo. Ma in questo caso sarebbe stato inutile, dato che il design
del robot consente di farlo senza apportare modifiche. Per il resto abbiamo: il
sistema delle spalle che prevede una flessione in avanti delle stesse
attraverso un meccanismo a sfera; le placche pettorali rosse che possono
ruotare verso l’alto per non ostruire il movimento delle braccia verso il loro
lato opposto; il busto che può inclinarsi in avanti e in indietro; l’appoggio
del piede che si può separare in due dividendo punta e tallone per pose più
dinamiche; le sfere che agganciano le cosce alle anche che possono muoversi in
avanti. Quindi la rappresentazione del meccanismo di estrazione delle spade. È
possibile infatti simulare la fuoriuscita delle due Kaiser Blade dalle spalle e
della gigantesca Kaiser Sword dal petto cambiando alcuni pezzi. Per il Gigant
missile invece basta togliere la placca romboidale posta sulla zona ombelico.
Peccato che rimangano a vista i due fori dove la placca era agganciata. Per
concludere, le corna possono essere abbassate in avanti per raffigurare il
lancio dei raggi congelanti. Il modello è impreziosito da una colorazione
dorata molto piacevole che è stata applicata a gomiti, ginocchia e caviglie.
Infine, parliamo del Kaiser Scrander. Nella confezione
troviamo due paia di ali, una per il volo e una per le pose a terra. La particolarità
di questo Scrander sono due. La prima è che si può scegliere se agganciarlo
alla schiena o alla vita. Tipicamente, alla schiena ha un risultato estetico
migliore per le pose a terra, mentre alla vita per quelle in volo. Inoltre le
ali possono ruotare e piegarsi sul corpo centrale. Può sembrare un’operazione
dubbia, dati anche gli snodi a vista, ma complice la grande apertura alare il
fatto di poterle piegare all’indietro ci guadagna dal punto di vista estetico.
Per quanto riguarda l’esposizione, la basetta presenta due tipi di bracci con
cui bloccare il robot in posizione eretta: uno classico a pinza che gli cinge
la vita e uno a incastro che si aggancia alla schiena (cosa vista anche nei
DC).
La colorazione è decisamente molto valida e priva di imperfezioni,
anche sulle plastiche. In generale comunque tutto il modello risulta essere ben
curato, forse i magli potevano essere leggermente più grandi, ma questo è
solamente un mio parere estetico personale. Diciamo che tutto il mecha mi
sarebbe piaciuto un po’ più massiccio, come il Riobot Sentinel per capirci. Si
vede chiaramente come la produzione dei recenti D.C. abbia influenzato
pesantemente anche questa realizzazione.
Anche Bandai finalmente produce il suo Mazinkaiser GX, dopo
la discutibile versione SRC, questa Soul of Chogokin raggiunge i concorrenti
delle altre case di produzione. Forse arriva un po’ tardi dato che il
personaggio vanta già diverse rappresentazioni, ma la sua qualità realizzativa
pone il GX75 ai vertici della classifica. Qualche scelta tecnica non mi è
piaciuta, come la totale assenza di snodi a scatto, ma nel complesso il modello
merita tantissimo ed ha un impatto scenografico decisamente esaltante. Se
ancora non avete un Mazinkaiser in collezione il nuovo Gx75 Bandai è sicuramente
una scelta da tenere in grande considerazione.