martedì 31 dicembre 2013

UFO ROBOT GRENDIZER BRAVE GOKIN 40

Quando Cms Corporation annunciò il Brave Gokin 40 la sorpresa fu grande e la mia reazione davvero controversa, non sapevo se essere felice o preoccupato allo stesso tempo. Il motivo è semplice, la licenza riguarda uno dei “mostri sacri” dell’animazione giapponese che più ha spopolato in Italia ed Europa, fonte di meravigliosi ricordi d’infanzia…..Goldrake! Nei mesi seguenti all’annuncio finalmente Cms mostra il prototipo del Brave Gokin 40 Grendizer mettendo sapientemente in mostra le caratteristiche del suo nuovo prodotto e lanciando chiaramente la sfida al Gx04 di Bandai. Tutto è puntato sulle dimensioni e sulle gimmik che permettono al nuovo Brave di assumere pose molto più dinamiche rispetto al prodotto della concorrenza che proprio in concomitanza con l’annuncio di Cms esce con l’ennesima ristampa! Inizialmente previsto per il mese di Luglio 2013 il Brave Gokin 40 si fa attendere altri tre mesi e viene finalmente rilasciato verso la fine del mese di Ottobre aprendo ufficialmente la diatriba fra gli appassionati del settore perché risulta davvero impossibile, almeno inizialmente, non paragonare il nuovo Grendizer alla versione Soul of Chogokin Bandai. 

La confezione del Brave Gokin 40 è davvero enorme, ci troviamo davanti a ben 58 cm di lunghezza per 40 di larghezza e 15 di spessore, credo sia assolutamente la confezione più grande mai realizzata per un gokin di questa serie. Abbastanza deludente l’art work frontale che ripropone due “fredde” immagini del Grendizer usate già in fase promozionale da Cms con il Goldrake in piedi sulla destra ed all’interno dello Spazer sulla sinistra. Da notare che l’immagine usata del disco è ancora quella della versione provvisoria! Nella parte sottostante alla foto di sinistra troviamo la scritta Brave Gokin 40 che precede il nome del personaggio stampato in colore rosso ed accompagnato anche dai caratteri giapponesi. Sul retro le classiche immagini, anch’esse riciclate dalla fase promozionale, che mostrano il prodotto con tutti gli accessori compresi all’interno dell’enorme scatola concepita da Cms. Aprendo il contenitore in polistirolo non si può non notare un particolare della sagomatura interna riguardante l’alloggiamento dello Spazer. Il disco è alloggiato senza le ali, ma invece sono ben presenti le sagomature laterali della medesima forma. Sicuramente Cms voleva inizialmente riporre il disco già montato, ma probabilmente nel corso del tempo i piani sono cambiati e di fatto le ali sono riposte singolarmente in due appositi vani separati. Tutto il contenuto è protetto dagli appositi sacchetti trasparenti, lo Spazer ed il Grendizer occupano ovviamente la maggior parte dello spazio, le quattro coppie di mani, le lame rotanti con i magli ripiegabili e l’alabarda sono alloggiati in appositi incavi ricavati nel fin troppo generoso spazio della confezione. A completare il contenuto il classico foglio a colori delle istruzioni di montaggio, mentre mancano stranamente all’appello i tappi copri vite che sempre  accompagnano le realizzazioni Brave Gokin. La scelta di presentare all’utente finale un contenitore parzialmente sbagliato non è a mio modo di vedere un bel biglietto da visita, denota sostanzialmente poca cura verso il proprio prodotto. Certamente non è una cosa grave avere due vani vuoti nel polistirolo, si trasmette però una sensazione di superficialità che mai ho riscontrato in prodotti di altre case e della stessa Cms!

Il Grendizer

Estraendo il modello possiamo immediatamente constatarne le generose dimensioni ed il soddisfacente peso, il Grendizer è alto ben 21 cm per un peso di 650 grammi. La struttura del corpo è costituita quasi totalmente da metallo, solamente la testa, gli avambracci, le mani ed i femori sono costruiti in plastica, mentre le due coppie di magli sono in gomma rigida. Il Brave Gokin 40 eredita alcune delle soluzioni tecniche adottate sul precedente modello, il Boss Palder. A beneficiarne è soprattutto la zona delle gambe che grazie a snodi ad estrazione permette al modello di ottenere una più ampia escursione in ogni direzione. Bisogna però prestare attenzione alla parte bianca dei femori che dovrà compiere una piccola rotazione verso l’esterno per consentire la divaricazione ottimale delle gambe. Anche la zona caviglie è direttamente importata dal Brave 39 con estrazione guidata da un perno in metallo e susseguente inclinazione del piede. Questa soluzione però comporta un notevole sacrificio estetico, il vuoto che rimane una volta messa in atto l’inclinazione risulta essere davvero molto brutto. Nel Boss Palder questo inestetismo viene in parte mascherato dalla copertura esterna della gamba che funge da riparo estetico all’articolazione. Nel Grendizer purtroppo avviene la cosa opposta con la base del piede più ampia e la parte terminale della gamba più stretta, tale concezione accentua ancor di più il vuoto lasciato dall’estrazione massima dell’articolazione. La testa può ruotare ed inclinarsi discretamente all’indietro mentre al suo interno è stato inserito un meccanismo che permette la visione della miniatura di Actarus attraverso la cabina di pilotaggio posta sul volto del Grendizer. Il meccanismo di comparsa del pilota è abbinato al movimento della testa, tirando verso l’alto e piegando all’indietro la miniatura sparirà, mentre procedendo in senso contrario apparirà nuovamente. Analoga cosa avviene ovviamente anche sullo Spazer permettendo di simulare quello che si vede nella serie animata. Quando il robot si trova all’interno del disco Actarus si vedrà nella cabina di pilotaggio dello Spazer, mentre quando si separa dalla navicella comparirà in quella presente sul volto. La qualità realizzativa di queste miniature è però davvero molto approssimativa, non aspettatevi di poter chiaramente riconoscere le fattezze del principe Fleed, quello che si ha è una microscopica sagoma rossa all’interno dei due abitacoli. I movimenti delle braccia sono gestiti da snodi a scatto presenti sia all’interno della spalla che all’attaccatura con il torace. La rotazione e l’inclinazione risultano essere decisamente convincenti in fase di tenuta garantendo una perfetta stabilità. Il modello è dotato anche di uno snodo ad estrazione con movimento ad atrito che consente di portare le braccia anche in avanti ampliando ulteriormente il loro raggio d’azione, utile soprattutto nella fase di posizionamento del Grendizer all’interno del disco. Uno dei problemi che da sempre attanaglia le realizzazioni del Goldrake è la fase di piegamento dell’avambraccio, non tanto per la natura del movimento in se, ma per la presenza delle parti rosse del maglio che ovviamente seguono la fase rotatoria. Cms non introduce purtroppo novità in tal senso limitandosi ad inserire un semplice snodo molto simile a quello impiegato da Bandai sul suo Gx04. Anche per il Brave Gokin 40 si pone quindi il medesimo problema, le punte del maglio, peraltro molto rigide, vanno irrimediabilmente a toccare il bicipite in fase di piegamento. Cms offre però una soluzione alternativa avendo dotato il suo Grendizer di due tipi differenti di maglio, la prima è la classica che siamo abituati a vedere  mentre la seconda è dotata di punte snodate e disposte in modo più ampio appositamente per la fase di piegamento dell’avambraccio. Oltre a questo impiego simulano la fase di trasformazione del maglio perforante con il ribaltamento in avanti delle punte. Esteticamente questo accessorio non è molto riuscito, la causa risiede soprattutto nell’aumento dello spazio fra le parti che ne hanno ovviamente aumentato le dimensioni restituendo una brutta sensazione di sproporzione con il resto del braccio. L’avambraccio del Grendizer può essere sganciato dal bicipite, è fissato tramite aggancio a pressione e trattenuto tramite un piccolo blocco metallico presente all’interno della sede di aggancio. Questo apparentemente insignificante blocco metallico è la causa principale di un’altra bruttura estetica del Grendizer Cms…..nelle fotografie noterete sempre il bicipite bianco mostrato con la sua bella riga di giunzione fra le parti in vista. Il motivo è semplice, il blocco interno non permette all’avambraccio di ruotare e quindi di combinarsi con la rotazione del bicipite che in senso puramente estetico ha il compito di nascondere il suddetto inestetismo! Le varie mani possono essere sostituite mediante semplice pressione, il perno che le trattiene è di dimensioni generose e davvero molto robusto scongiurando qualsiasi tipo di rottura durante la fase di sostituzione. Come scritto all’inizio ne abbiamo di quattro tipi diversi, cinque se consideriamo quelle già montate sul modello. Nell’ordine troviamo, pugni chiusi, pungi forati, mani aperte, mani con dita snodate e per finire due pugni chiusi più piccoli da inserire quando sull’avambraccio vengono montati i magli ripiegabili o invertiti quelli fissi. Esteticamente le varie coppie di mani sono davvero sproporzionate, escludendo quelle più piccole che hanno un preciso impiego, quelle normali sono davvero sovradimensionate e contribuiscono non poco nel rovinare l’estetica generale del modello. Anche il busto del Grendizer è stato dotato di movimento, è possibile ruotare ed inclinare la parte alta del torace facendo però davvero molta attenzione a quella bianca sottostante perché entra facilmente in contatto in fase di movimento. Il pericolo è quello di graffiare e quindi di rovinare irrimediabilmente la verniciatura bianca della fascia addominale.

I materiali usati per la realizzazione del Grendizer non sono di prima qualità, sul metallo nulla da dire, ma è tutto il resto che stona terribilmente. Plastica e gomma usate per la testa, i femori, l’alabarda, i magli e le mani sono davvero di bassissima qualità. Ci sono imperfezioni nell’assemblaggio dei femori, si nota chiaramente come le due metà siano state incollate e poi pulite molto grezzamente. Sulle gambe le parti esterne azzurre sono assemblate decisamente male con vuoti ed aloni bianchi che si vedono molto chiaramente senza nemmeno andare troppo vicino. Fra le due metà che compongono la gamba sinistra si nota uno spazio decisamente maggiore rispetto alla parte destra, ci passa un foglio di carta talmente è largo! I magli ripiegabili hanno sbavature di colore in molti punti e addirittura risultano essere graffiati in alcune zone, come se fossero stati puliti con della carta abrasiva…..veramente inguardabili! L’asta dell’alabarda spaziale è davvero molto esile, si ha la sensazione di poterla rompere in qualsiasi momento durante l’inserimento nei pugni forati dove lo spazio risulta essere addirittura non ben calcolato. La testa è davvero rifinita malissimo con diverse mancanze di colore soprattutto nei contorni accanto alle parti bianche, osceno poi il foro laterale sul collo con la vite di serraggio in bella mostra! L’unica parte che si salva sono le corna dove sia il colore cromato che l’assemblaggio risultano essere privi di imperfezioni. Anche sulle mani con dita snodate il lavoro eseguito in fase di montaggio è davvero pessimo, nella mia copia ho trovato addirittura diverse falangi montate al contrario e con svariati residui di collante…..ho trovato addirittura due pugni chiusi destri ed una vite mancante sulla schiena del Grendizer…..davvero no comment! La verniciatura sulle parti metalliche fortunatamente non ha grosse imperfezioni, solamente in alcuni punti si notano piccole sbavature di colore, tutte “fortunatamente” sulla parte posteriore del modello.  

Lo Spazer

Il disco è decisamente enorme dovendo accogliere al suo interno un Grendizer di ben 21 cm di altezza. La sua realizzazione è prevalentemente in plastica con il solo l’appoggio centrale e le due ali in metallo. Vediamo tutte le sue misure effettive:

Diametro 20 cm – Lunghezza alla coda 24 cm – apertura alare 38 cm – peso 412 grammi.

L’apertura che permettere l’inserimento del Grendizer è davvero particolare, Cms ha studiato un sistema piuttosto elaborato per consentire l’apertura della parte frontale, diciamo più in linea con ciò che avviene visivamente nella serie Tv. Il fregio rosso si divide in due parti che vengono fatte scorrere lateralmente sulla sagoma curva dello Spazer, successivamente i due grandi sportelli bianchi si aprono e ruotano verso l’esterno della struttura. Il passo seguente è di far rientrare all’interno queste due parti….. la manovra da effettuare è piuttosto delicata dovendo far compiere uno scatto verso il basso e contemporaneamente una rotazione che consente agli sportelli di avanzare verso l’interno, non prima però di aver piegato le due piccole alette situate nella parte sottostante. Questo movimento è guidato da un apposita sede che procede lungo tutta la struttura interna del disco portando successivamente le due parti a scorrere e rientrare completamente nello Spazer facendo comparire lateralmente le lame rosse e rivelando il vano per il corpo e le braccia del Grendizer. La difficoltà maggiore sta proprio nel far compiere lo scatto e la seguente rotazione, il problema risiede sostanzialmente nella sagomatura interna della sede di scorrimento che risulta essere troppo precisa andando di fatto quasi a bloccare il perno guida dello sportello. Bisogna procedere con molta cautela dato che tutte le parti in questione sono in plastica, di spessore piuttosto esile e purtroppo anche qui di non eccelsa qualità. L’apertura posteriore avviene invece in maniera molto più pratica, la parte dei motori viene tirata all’indietro, una barra snodata in metallo si occupa dei movimenti di apertura ed inclinazione verso l’alto. Una volta completamente aperto possiamo osservare come l’alloggiamento interno sia rivestito da uno spessore di gomma rigida, questo ovviamente per non rischiare di graffiare la verniciatura del Grendizer che obbligatoriamente deve strisciare fino al corretto posizionamento. Per “bloccare” il modello nello Spazer Cms ha inserito due sfere magnetiche all’interno del vano motori, queste andranno ad agganciarsi magneticamente con i piedi del robot che nella pianta sono stati dotati dell’apposita sede di fissaggio. Questo spiega l’enorme estetica dei reattori del disco che sono stati concepiti in tal dimensione proprio perché al loro interno accolgono i grandi piedi del Grendizer. Questa parte effettivamente rovina l’estetica generale dello Spazer, ma d'altronde la scelta di non far accorciare le gambe del robot in fase d’inserimento ha di fatto reso necessaria questa modifica al design della navicella. Come citato nella descrizione del Grendizer anche per lo Spazer è stato concepito un meccanismo di comparsa/scomparsa del pilota. L’operazione è gestita semplicemente da una leva curva in plastica nascosta all’interno del disco, esattamente sotto la cabina di pilotaggio. Il semplice meccanismo fa ruotare verso l’alto la miniatura quando eseguiremo l’inserimento del Grendizer che scorrendo all’interno dello Spazer spinge la leva nella direzione opposta. L’operazione di comparsa del pilota può anche essere fatta manualmente, basta infilare le dita all’interno e far ruotare la leva nella posizione corretta. Lame rotanti!!!!!.....Cms rende degnamente omaggio alla classica arma dello Spazer realizzandone due coppie dal diverso uso ed estetica. La prima coppia si apre completamente, sollevando le trentadue punte otteniamo una riproduzione davvero molto simile alle lame rotanti che vengono lanciate da Actarus durante la serie animata e che puntualmente tranciano in due i malcapitati mini dischi di Re Vega. Possono essere alloggiate sulle ali dello Spazer sia chiuse che aperte. La seconda coppia in dotazione simula invece l’uscita del missile perforante…..Cms ha concepito un sistema di comparsa del missile, aprendo le quattro punte e premendo il tasto nella parte sottostante vedremo comparire la bocca di lancio e successivamente, estraendolo manualmente, la punta del missile. Oltre a questa operazione è anche possibile aprire le due piccole ali laterali che fuoriescono dalla struttura andando a completare l’estetica finale dell’arma. A differenza della prima coppia descritta queste lame dotate di missile non posso essere alloggiate sulle ali dello Spazer in fase di apertura! Il motivo è semplice…..il pulsante rientrando all’interno di fatto riempie lo spazio riservato allo scorrimento della punta  dell’ala rendendo impossibile il corretto posizionamento. Possono essere leggermente appoggiate, ma il risultato estetico è davvero pessimo! In più l’estetica della lama risulta essere brutalmente falsata per via della protuberanza concepita per far scorrere il pulsante di sollevamento del missile perforante. La verniciatura generale si attesta su livelli discreti, ma ad un attento esame rivela purtroppo diverse imprecisioni soprattutto nei bordi dello Spazer e sulla parte centrale rossa che viene rivelata dopo l’apertura dei fregi. Come detto in precedenza la plastica usata è di bassa qualità riuscendo addirittura a peggiorare per le parti interne degli sportelli frontali e per i fregi rossi apribili che senza ombra di dubbio sono colorati in pasta. Bisogna purtroppo notare come alcune parti mobili dello Spazer non rimangano correttamente in posizione, il vano posteriore non si chiude perfettamente lasciando una fessura fra la parte bianca e quella rossa…..anche sul frontale la situazione non migliora, i fregi rossi non combaciano perfettamente quando sono chiusi, mentre quando aperti rimangono leggermente sollevati rispetto alla struttura del disco!


L’agganciamento

La procedura d’inserimento del Grendizer all’interno del suo Spazer avviene abbastanza semplicemente…..la testa rimane abbassata mentre le braccia vanno fatte ruotare verso l’alto, ora non rimane che infilare il modello all’interno del disco lasciando però leggermente al di fuori i piedi. Dopo questa operazione si procede con l’abbassamento del vano motori andando a bloccare i piedi del Grendizer tramite gli appositi magneti. Una volta accertato il corretto posizionamento si spinge il vano motori in avanti fino alla completa chiusura, di conseguenza il corpo del modello viene spinto completamente verso l’esterno dello Spazer dove si procede alla sistemazione finale di braccia e testa. Sistemato a dovere il tutto ci si accorge immediatamente che il Grendizer è praticamente libero di muoversi all’interno del disco, i soli magneti ai piedi non garantiscono la tenuta della posizione, Cms non ha previsto nessun altro tipo di fermo interno pensando probabilmente che il solo atrito con la parte interna in gomma potesse in qualche modo trattenere il pesante corpo del Grendizer. Un altro problema è poi rappresentato dalle spalle che tendono a cadere verso il basso schiacciate dal loro stesso peso. Questo accade perché l’articolazione ad estrazione interna non è in grado di sorreggere perfettamente la spalla lasciandola inesorabilmente cadere verso il basso! A questo inconveniente si riesce ad ovviare giocando con l’articolazione a scatto interna alla spalla che, portata alla sua massima escursione, consente il rientro dello snodo sopracitato contribuendo in modo determinante al corretto posizionamento del braccio. Un velo pietoso deve essere calato sulle mani articolate che devono essere usate per questa fase, mentre si cerca il corretto inserimento le falangi si muovono e a volte si staccano rendendo un vero delirio questa operazione…..concepirne una coppia fissa probabilmente era troppo complicato! La testa infine risulta avere un’inclinazione davvero minima facendola rimanere rivolta più verso il basso che verso l’alto, forse, ma è una mia supposizione, il meccanismo interno di comparsa del pilota ha in qualche modo tolto spazio alla rotazione all’indietro. Il risultato finale quindi non è certo quello che si ha nel Gx04 Bandai dove la testa del Grendizer rimane perfettamente sollevata e rivolta con lo sguardo dritto in avanti. Come purtroppo da tradizione, Cms non ha concepito un display stand per l’esposizione del suo prodotto, nel caso del nostro Brave Gokin 40 l’esposizione dello Spazer avviene tramite il semplice appoggio alla superfice. La parte centrale sottostante in metallo rientra sotto il peso del disco consentendo il corretto bilanciamento di tutta la struttura. Come ultima nota riporto il peso totale che raggiungono Grendizer e Spazer una volta uniti, 1,062 Kg.

Le versioni prodotte del Brave Gokin 40 sono due, Normal ed Exclusive, la prima è sostanzialmente destinata alla distribuzione di massa, mentre la seconda è per il solo mercato italiano e francese. Le differenze che distinguono le versioni sono due, nella Exclusive il colore delle corna è giallo pastello ed all’interno della confezione in più si trova il TFO. 

E’ davvero un peccato dover constatare che il Brave Gokin 40 Grendizer ha deluso le aspettative, chi attendeva il Goldrake definitivo rimarrà davvero deluso. Il prodotto Cms mostra una qualità davvero approssimativa facendo veramente registrare un picco verso il basso per un modello della serie Brave. Tecnicamente i prodotti Cms non sono mai stati eccelsi, ma le finiture ed i materiali sono invece stati sempre piuttosto convincenti non prestando mai il fianco a critiche piuttosto feroci. Quello che realmente stupisce del Brave 40 è la pochezza di cura avuta fin dal confezionamento del prodotto con addirittura la sagoma del polistirolo palesemente sbagliata! Esteticamente il Grendizer fa anche la sua figura, ma questo non può assolutamente bastare e far passar sopra alle numerose imperfezioni ed errori di progettazione presenti sul modello. Nei vari forum di settore si sono viste fotografie riguardanti rotture ed magagne di ogni genere, soprattutto sulla verniciatura delle corna della versione Exclusive dove il colore giallo è stato semplicemente applicato sulla base cromata della Normal! La delusione è davvero molta, alla base ci sono anche idee buone, ma tutte vanificate da una realizzazione di bassa qualità  che inesorabilmente fanno perdere al Brave Gokin 40 la sfida con il Gx04 Bandai. La mia recensione non vuole essere un processo accusatorio contro Cms, vuole solo mettere in evidenza quelli che sono i pregi e i difetti di questa produzione perchè a fronte della cifra richiesta è giusto far conoscere agli utenti finali ciò che offre la realtà di questo prodotto. Purtroppo la mia conclusione non può essere positiva, un modello del resto semplice da realizzare e con un bagaglio affettivo così importante meritava un trattamento davvero di altro spessore!.....Stay tuned.



martedì 24 dicembre 2013

GUNDAM SEVEN SWORD METAL BUILD FROM GUNDAM 00


“Mobile Suite Gundam 00”, serie TV Sunrise divisa in due stagioni trasmesse per la prima volta in Giappone tra il 2007 e il 2009, vede l’umanità costretta a ricercare fonti alternative e rinnovabili d’energia nell’A.D. 2307. Dal momento che persiste una vera e propria guerra fredda tra le tre superpotenze che gestiscono il dominio energetico e politico, l’Union, l’Alleanza e l’AEU, in un clima di corsa agli armamenti e di continui disagi e discriminazioni nel mondo, si palesano le azioni di una milizia privata indipendente, i Celestial Beings, che con l’ausilio dei loro potentissimi mobile suit intendono muovere guerra alle… guerre, estirpando ogni conflitto alla radice con un’azione bellica.

Qui si parla dello 00 Gundam presente per l’appunto in questa saga, pilotato da Setsuna F. Seisei, membro dei Celestial Beings, comprensivo anche del particolare equipaggiamento che caratterizza la variation “Seven Sword”, che non appare nell’anime.

Il modello è il capostipite della linea Metal Build di Bandai, ormai sinonimo di qualità eccellente.
Bandai ha impugnato lo scalpello e saputo donare forme intriganti all’ennesimo Gundam proveniente dal mondo dell’animazione, davvero un gioiello di design che trasuda eleganza, cattiveria e modernità da tutti i pori. Lo sculpt generale è mozzafiato, è un oggettino davvero curato e carico di personalità, ma piuttosto lontano da richiami ai Gundam più classici come il leggendario RX-78, come avrete probabilmente appreso se avete dato una sbirciata alle foto di corredo. Pertanto, non aspettatevi il ricorso ad un design semplice e pulito, tutt’altro, qualcuno potrebbe trovarlo fin troppo elaborato, per non dire caotico seppur fedele all’anime. Il livello di dettaglio, in particolare, è assolutamente sopra le righe, con decals, scritte e markerizzazioni che hanno del microscopico e tutta una serie di soluzioni tecniche semplici, ma allo stesso tempo funzionali e mai fini a se stesse.

In 18 cm di altezza (è infatti concepito nella classica scala 1/100) è concentrata una massa circa di 340 grammi, montato anche tutto l’arsenale a disposizione (con la Buster Sword l’altezza complessiva aumenta di un paio di cm). Di certo non un peso piuma quindi, e il ricorso a leghe metalliche è stato centellinato in molte aree cruciali, tanto che si può benissimo parlare di un frame interno e relativi snodi quasi completamente in metallo - ma anche piedi, parte del busto a vista e altri motivi estetici, specialmente negli arti inferiori - a cui è stata montata una corazza in plastica. Verniciatura eseguita con cura certosina e abbastanza resistente alle graffiature, salta subito all’occhio la conseguente quasi inesistenza di segni di stacco da sprue e l’abilità nel camuffare inestetismi come le viti.


Il nostro 00 Gundam “Seven Sword” è dotato di posabilità e stabilità eccellenti: le combinazioni possibili sfruttando la grandissima quantità di snodi (tutti ad attrito) sono impressionanti, e le pose anche più estreme e bellicose sono supportate dall’ottimale distribuzione dei pesi. Da questo punto di vista è un modello veramente riuscito, come è giusto che sia, vista l’enorme esperienza di Bandai in materia gundamica.

Andiamo nel dettaglio: per quanto riguarda la testa, essa può effettuare una rotazione completa di 360°, può essere inclinata più che discretamente verso l’alto, il basso e anche leggermente in senso laterale. Vi consiglio di manipolare con cura questa parte, non perché sia particolarmente delicata, ma, viste le numerose “corna” e sporgenze appuntite che possono anche cozzare tra di loro, meglio evitarsi fastidiosi episodi. Discorso particolare meritano le spalle: permetterebbero alle braccia estensioni laterali e movimenti completi per avanti-alto-dietro, ma esse devono sobbarcarsi l’ingombrante presenza dei moduli GN-Drive posti proprio sopra di esse. Queste due vistose protuberanze coniche rappresentano dei potentissimi generatori perpetui d’energia, ed ostacolano la corsa delle braccia verso l’alto. Tuttavia, essi sono posti su un’impalcatura parzialmente metallica che ne permette lo spostamento all’indietro tramite una rotazione, così da liberare i movimenti degli arti superiori, senza sacrificare gran che l’estetica. Anzi, forse arricchendo ulteriormente il sapore hi-tech che pervade il mecha design e che personalmente adoro. Questa zona nasconde anche un altro paio di chicche, ma ve le lascio scoprire da soli: se siete appassionati della serie, o di Gundam in generale, apprezzerete certi dettagli.

Molto interessante la concezione di gomiti e ginocchia, che presentano due snodi consecutivi ciascuno per poterli piegare in misura apprezzabilissima, e buona anche la resa estetica della parte metallica satinata che riaffiora effettuando tali pieghe, che si integra perfettamente con le tinte bianche, blu e rosse delle parti in plastica. Altro piccolo, ma non scontato dettaglio lo ravvisiamo al livello dei polsi: l’aggancio delle mani avviene prevedibilmente utilizzando un piccolo snodo a sfera, ma appena prima di esso è possibile inclinare di pochi gradi tutto l’apparato polso-mano, cosa che in sé non sarebbe di sicuro trascendentale, però fa parte di tutta una serie di accortezze che impreziosiscono non poco il modello e lo rendono qualcosa di più del “solito Gundam”.

Passando al busto, esso è piuttosto ben articolato e dotato di buona mobilità. Attenzione ai possibili sfregamenti tra jet pack e parte posteriore del gonnellino generabili dalla mobilità in avanti/dietro del torace.

Appena più sotto troviamo per l’appunto il classico gonnellino: diviso in quattro parti, due laterali, una anteriore e una posteriore, le prime tre mobili per non intralciare i movimenti degli arti inferiori. In prossimità della porzione anteriore, troviamo l’ennesima chicca: è possibile operare un’estrazione verso l’alto per aumentare ulteriormente l’estensione dei movimenti delle gambe, così da poter permettere anche la seduta o movimenti iper-dinamici, da studiare magari sfruttando il bellissimo stand compreso nella confezione. Notare che la mobilità delle gambe è comunque eccellente già di suo, con una leggerissima tendenza alla divaricazione quando il mecha è in assetto guerrafondaio e armato di tutte le sue spade. Le ampie escursioni possibili a livello delle anche sono supportate ad hoc da un sistema piedi-caviglie realizzato in modo impeccabile (sono sempre ben piantati a terra anche in pose estreme), con tallone e resto della pianta separati. I piedi sono in metallo.

Come già detto, tutti gli snodi sono ad attrito, ma l’assenza di quelli a scatto è giustificata dalla massa relativamente leggera a cui si deve dare una posa e dalla comunque solida consistenza di quelli utilizzati. Pertanto, anche se forse almeno per le braccia si poteva osare qualcosina di più vista la presenza di un paio di accessori di una certa consistenza.

Con tutte queste possibilità funamboliche lo 00 Gundam sembrerebbe poter combattere come pure scegliere di danzare, ma trattasi comunque di danza mortale: una volta assemblate le famose “Sette Spade”, lo stesso Gundam appare così tagliente e appuntito da sembrare un’implacabile, vistosissima arma. Meraviglioso.


EQUIPAGGIAMENTO “SEVEN SWORD” E ACCESSORI


Quando estrarrete il vostro Gundam dal suo sarcofago di polistirolo, lo troverete in modalità “00” classica, ovvero privo di quelle armi con relativi supporti che ne caratterizzano la variante “Seven Sword” che, ricordiamo, non appare nell’anime. Tutti gli accessori sono realizzati con le stesse plastiche e la cura maniacale che caratterizza il robot principale, ed è davvero un piacere scoprirne i segreti e le mille possibilità. Devo annotare, tuttavia, una fastidiosa tendenza delle due GN Sword a staccarsi un po’ troppo facilmente dalle loro sedi quando sono a riposo, forse era il caso di rendere più affidabile l’aggancio al gonnellino, ma intendiamoci, non si staccano comunque da sole, state tranquilli. Inoltre, la Buster Sword è molto pesante in proporzione alla massa del modello, pertanto tende a sbilanciarlo. Purtroppo assente nella confezione il modulo O-Raiser, navicella agganciabile (previa opportuna trasformazione) allo 00 Gundam per aumentarne esponenzialmente le prestazioni. Bandai lo ha comunque prodotto a parte, purtroppo come Tamashii Limited, quindi difficile da recuperare a prezzi umani.

Presente pure uno stand davvero bello e concepito per far svolazzare il nostro Gundam spadaccino: si può regolarne angolatura ed estensione in tre punti diversi, ed è anche molto carino esteticamente dal momento che richiama colori e motivi del soggetto principale. Accessorio molto gradito e ben realizzato!

LE VERSIONI

Vediamo un po’ cosa è stato proposto da Bandai di inerente all’universo 00 Gundam:

- il qui presente 00 Gundam “Seven Sword”.

- il modulo O-Raiser, proposto come Tamashii Limited.

- 00 Gundam Trans-Am, ovvero uno 00 Gundam tendente al rossastro (modalità max power!) comprensivo del suo O-Raiser. Anche questo tamashii Limited.

- Gundam 00 Raiser: un altro 00 comprensivo di O-Raiser, questa volta con colori normali e qualche variazione nelle markerizzazioni. Anche questo è un prodotto limited.

Decisamente un esordio eccellente per la linea Metal Build. E’ un modello a mio avviso spettacolare: iper-posabile, stabile, costruito con cura maniacale e materiali di qualità (compresa una buona quantità di metallo), ricco di accessori e praticamente esente da difetti rilevanti. Lo consiglio vivamente a chiunque apprezzi i gokin ben concepiti e realizzati, amanti o meno di Gundam. Indubbiamente, come già detto, è caratterizzato da un’estetica particolare che qualcuno potrebbe trovare troppo caotica, ma in tal caso vi consiglio comunque di dargli una chance e cercare di vederlo dal vivo: vedrete che le linee e i colori assumeranno una pulizia inaspettata, dopodiché, naturalmente, de gustibus non disputandum est.

Importato direttamente in Italia da Cosmic Group, sappiate che lo 00 Gundam “Seven Sword” veniva inizialmente venduto a circa 110-120 euro, che ci stavano tutti e alla grande. Ora però, recuperarlo a quelle cifre è pura utopia. Buona caccia!




martedì 17 dicembre 2013

GETTER LIGER EX GOKIN FROM GETTER ROBOT G

La squadra Getter Robot G Ex Gokin scende in campo con il suo secondo componente, il Getter Liger. Annunciato per il mese di Dicembre il nuovo modello della famosa serie targata Fewture Art Storm esce dai magazzini addirittura il giorno 29 di Novembre con ben due giorni di anticipo. La puntualità avuta con il Getter Dragon non rimane quindi un caso isolato, ma conferma l’inversione di tendenza che voleva sempre in ritardo i prodotti della linea Ex Gokin. Il Getter Liger dovrà confermare l’ottimo lavoro svolto sul modello precedente, ma soprattutto dovrà farci capire se la strada del rinnovamento tecnico/costruttivo intrapresa da Fewture è quella giusta.

La confezione è la ormai classica di sempre, brown box esterno (55x40x19) con scatola interna in cartoncino lucido (50x34x13) con due art work raffiguranti il volto diviso a metà ed il petto del modello aperto. Anche per la disposizione interna nessuna novità, Getter in posizione centrale attorniato dai vari accessori tutti ben protetti da appositi sacchettini in plastica trasparente. Inseriti anche diversi blocchi in polistirolo per rendere ancor più sicuro il trasporto, ne troviamo ben tre sul modello, uno per le gambe, uno per il busto ed uno per il braccio apribile. Analoghi fermi assicurano anche la Getmachine presente nella confezione. A completare il corredo troviamo nel retro della contenitore l’immancabile disco espositivo con l’asta di sostegno regolabile in metallo e la basetta ber esporre la Getmachine Liger, tutto ovviamente protetto da appositi sacchetti trasparenti. Immancabile anche il solito foglio delle istruzioni in bianco e nero riportante le indicazioni sui movimenti che può compiere il modello ed il corretto inserimento degli accessori. Ecco nel dettaglio il contenuto della confezione: 

Getter Liger – Getmachine Liger – ali posteriori – avambraccio destro – 3 mani intercambiabili – trivella – arpione con catena – missile – maschera facciale – 3 simboli per la schiena – 2 protezioni per le anche – ferretto uncinato – display stand Getter Liger – display stand Getmachine.

Contrariamente a quanto pensassi il Getter Liger, una volta estratto dalla confezione, restituisce una piacevole sensazione di peso raggiungendo di fatto i 657 grammi distribuiti su 27 cm di altezza. Stilisticamente il componente numero due delle formazioni Getter è sempre il più esile ed anche seppur rivisitati nel design le rappresentazioni di Sato non fanno eccezione. Come per il Getter Dragon l’estetica originale non è stata più di tanto alterata, più che altro il designer si è concentrato sulla parte bassa del Liger apportando un netto ingrossamento delle gambe soprattutto a livello dei femori. Queste parti ora sono molto larghe andando di fatto un po’ a riprendere lo stile di quelle viste sullo Shin Getter 1. La parte del ginocchio è stata anch’essa allargata ed abbellita con due prolungamenti laterali a punta che donano più slancio e freschezza all’estetica generale del modello. Anche la forma dei piedi si amalgama perfettamente avendo nella parte terminale una doppia sagomatura puntuta. La parte alta del Liger riprende essenzialmente i tratti del disegno originale cambiandone ovviamente alcune forme, la spalla a punta ed il bicipite sono la copia esatta di quelle usate sul Getter 2, l’addome è di colore grigio e nella parte laterale fanno la comparsa due pistoni del medesimo colore. Il petto è più bombato mentre le placche laterali gialle sono di forma esagonale. La testa ed il volto invece sono state mantenute presso che  uguali all’originale, solamente le due alette laterali hanno subito una sagomatura diversa. Discorso a parte merita il volto interno, tolta la maschera facciale troviamo per la prima volta dei tratti discretamente ispirati e non scheletrici come nelle precedenti rappresentazioni. Per quanto riguarda il retro del modello possiamo apprezzare il nuovo stile delle ali che sono state stilizzate in modo da amalgamarsi perfettamente con tutta l’estetica del nuovo Getter Liger. Come da tradizione non mancano i tre simboli rotondi disposti sulla spina dorsale del modello, questi ideogrammi sono praticamente diventati uno dei marchi di fabbrica dei Getter Ex Gokin. Tecnicamente il gokin conferma un’ottima progettazione, fatta a mio modo di vedere con cura e particolare attenzione verso quelli che sono i punti critici della struttura, ma procediamo con ordine. La testa è dotata di ottima libertà di movimento, ruota e si piega notevolmente soprattutto all’indietro dove assume la corretta posa per simulare la fase di volo…..tutto questo è possibile grazie a due snodi separati che ne gestiscono i movimenti. Le spalle hanno due snodi, il primo a scatto permette di sollevare la parte in tre posizioni diverse facendo terminare la corsa della punta esattamente vicino alla parte esagonale gialla. Più all’interno troviamo il secondo snodo che a sua volta permette altri tre movimenti aggiuntivi consentendo di sollevare ulteriormente tutta l’articolazione ed in più offre la possibilità di uno spostamento avanti ed indietro ampliando maggiormente il raggio d’azione di tutto il braccio. Questi ultimi movimenti descritti sono gestiti da uno snodo ad atrito. Il braccio destro ospita sia la trivella che l’avambraccio normale, questi due accessori possono essere sostituiti facilmente sfilandoli dall’apposito perno di aggancio con sede circolare in metallo. Sul gomito è presente un’articolazione a scatto che oltre alla fase di piegamento a novanta gradi consente anche la rotazione esterna ed interna permettendo così di gestire meglio soprattutto la lunga trivella. Sul braccio sinistro stessa identica situazione per quanto riguarda lo snodo impiegato che garantisce i medesimi movimenti. Il busto può essere ruotato ed inclinato avanti ed indietro, ma a differenza del Getter Dragon non gode di movimento basculante. L’articolazione che gestisce il tutto è la medesima usata nel modello precedente e viene coadiuvata anche dall’impiego di due piccoli pistoni laterali che di fatto impongono, andando a fine corsa, il limite massimo del movimento utilizzato. Il busto del Getter Liger è leggermente più limitato rispetto a quello del Dragon, ma comunque offre un soddisfacente raggio d’azione. Le ali poste sulla schiena possono essere piegate all’indietro in modo da non rimanere a contatto con le spalle, purtroppo però impongono una limitazione alla rotazione del braccio e devono essere sganciate e rimontate per permettere la completa rotazione dell’arto. Per la gestione dei movimenti delle gambe Fewture ha reintrodotto l’uso dell’articolazione a scatto alle anche, apertura e avanzamento sono quindi assicurati dai blocchi imposti ad ogni scatto dello snodo facendo mantenere perfettamente ogni posizione al modello. La fase rotatoria sull’asse è invece gestita con il solito movimento libero che permette a tutta la gamba di essere posizionata a piacimento sia verso l’interno che verso l’esterno. Particolare attenzione però va posta sulle due piccole protuberanze laterali rosse poste lateralmente nella parte esterna dei femori. Queste parti vanno applicate manualmente e possono essere mosse liberamente in qualsiasi direzione indipendentemente dal movimento della gamba. Questo escabotage risulta essere davvero molto utile consentendo di non intaccare la loro verniciatura durante la fase di posizionamento della gamba. Se fossero state fisse sarebbe stato impossibile evitare il contatto con le parti della struttura interna al bacino, grazie allo snodo di cui sono state dotate possiamo muovere in tutta sicurezza le gambe ed una volta scelta la posizione ottimale posizionarle comodamente nel modo che più riteniamo opportuno. Oltre al lato strettamente tecnico questa soluzione si fa apprezzare anche dal punto di vista estetico andando di fatto a riempire un vuoto che sarebbe stato non molto bello da vedere. Come per il precedente Getter 2 è stata inserita una doppia articolazione a scatto per il ginocchio, questo permette alla tibia di ruotare quasi completamente all’indietro! Ovviamente questa articolazione è completamente diversa da quella esile utilizzata sul Getter 2, nel Liger è ora nettamente più grande e soprattutto molto affidabile! Soluzione intelligente è stata impiegata per cambiare il sistema d’inclinazione delle caviglie che nel Getter 2 rappresenta purtroppo un punto molto dolente della realizzazione. Il collo del piede è fisso ed interamente ospita lo snodo che permette al piede di ruotare sull’asse consentendone così l’inclinazione. Oltre a questo è dotato di un secondo snodo per consentire un ulteriore movimento avanti/indietro molto utile per stabilizzare ulteriormente il Getter. Anche la punta del piede può essere piegata singolarmente proprio come nel Getter 2.

I materiali che compongono il Getter Liger sono i classici della serie Ex Gokin, metallo e plastica. Analizzando bene il modello si nota come l’impiego di parti in metallo sia in percentuale più alto rispetto al precedente Dragon, il tutto ovviamente va considerato in base alle forme più esili del Liger che chiaramente incidono sul minor peso complessivo. In metallo sono costruite le seguenti parti…..spalle e sede aggancio avambraccio destro – pettorali blu e parte sottostante bordeaux – parte centrale delle ali – i tre fregi sulla schiena – parte frontale gialla del bacino – femori (con una porzione frontale in plastica sopra al ginocchio) – tibie (con parte in plastica sotto al ginocchio). In plastica…..la testa – le ali – tutta la schiena – i bicipiti – le parti esagonali gialle - la placca grigia addominale - parte gialla del bacino sul retro – i piedi. La verniciatura è perfetta in ogni singola parte e le tonalità risultano essere identiche sia sulle superfici in metallo che su quelle in plastica, solo il tatto ci aiuta nel distinguere i materiali usati. L’assemblaggio non presenta imperfezioni di nessun genere, sulle gambe e sui piedi ci sono diversi tappi copri vite, segno inequivocabile dell’abbandono definitivo di parti incollate. Gli accessori non sono molti, nella dotazione abbiamo sostanzialmente le classiche armi che il Liger usa nella serie animata, ovviamente tutte rivedute esteticamente per l’occasione. Il Getter può montare sul braccio destro una grande trivella (Drill Arm) lunga 14 cm costruita in plastica con la parte terminale alta in metallo. Togliendo la trivella possiamo optare per l’impiego di un vero e proprio avambraccio costruito interamente in metallo e corredato di tre mani diverse in plastica, pugno chiuso, pugno forato e mano aperta. Sul braccio sinistro troviamo il maglio apribile che raggiunge la lunghezza di 10 cm, è composto da sei parti che si aprono per permettere di ospitare tramite aggancio magnetico il missile (Liger Missile) o la catena (Chain Attack). Le parti che compongono il maglio in chiusura sono fissate internamente, ognuna difatti ha una propria sede di aggancio che di fatto impedisce ai singoli componenti di muoversi aggiungendo solidità alla parte in questione che risulta praticamente vuota al suo interno. Alla catena è agganciato un arpione in plastica dotato di tre lame e tre piccoli scarichi, esteticamente lo trovo molto azzeccato e con rifiniture fatte molto bene. A chiudere la lista accessori il classico generatore in plastica da posizionare all’interno del torace mediante l’apertura dei pettorali e della gabbia toracica, può essere tolto con l’aiuto dell’apposito ferretto uncinato che troviamo nella confezione. Piccola nota anche sull’aggancio al display stand che non avviene tramite fissaggio a vite come nel modello precedente. Sollevando un piccolo sportello nel retro del bacino viene rivelata la sede di aggancio, un perno presente sull’asta di sostegno unitamente ad un appoggio in plastica concavo, garantiscono un solido fissaggio al modello.

Come di consueto analizziamo anche la Getmachine, la navetta numero due della squadra Getter G è lunga 13,5 cm e raggiunge la massima larghezza di 15 alla punta delle ali. E’ costruita prevalentemente in plastica con il fregio e la sola parte centrale/posteriore in metallo, raggiunge il peso di 54 grammi. Le ali orientabili verso il basso risultano essere l’unico movimento di cui è dotata la Getmachine. Verniciatura anche qui perfetta e di tonalità identica sia su plastica che metallo. Esteticamente la navetta pilotata da Hayato si stacca un po’ di più dal disegno originale rispetto a quanto fatto dalla Getmachine Dragon, essenzialmente cambiano la parte centrale con la diversa stilizzazione e posizione delle ali che in questa versione Ex Gokin vengono posizionate in fase più avanzata. 

Il Getter Liger Ex Gokin conferma assolutamente che alla Fewture le cose sono realmente cambiate, la cura con cui il modello è stato realizzato è ineccepibile! Particolari curati, scelte tecniche convincenti, assemblaggio perfetto delle parti e materiali di ottima qualità fanno di questo modello il miglior Ex Gokin prodotto fino ad oggi! La cosa che più mi soddisfa è poter constatare la grande affidabilità che il modello restituisce, già dal primo approccio si capisce che si ha per le mani un prodotto davvero solido. La squadra Getter G Ex Gokin si appresta a diventare la punta di diamante di tutta la linea Fewture, all’estetica spacca mascella finalmente si aggiungono solidità, affidabilità ed anche puntualità di consegna. Il mese di Febbraio si avvicina rapidamente, solo allora avremo il verdetto definitivo, le premesse per il capolavoro assoluto ci sono davvero tutte…..stay tuned!




lunedì 4 novembre 2013

GETTER 1 EX GOKIN - REPAINT VERSION


A tre anni di distanza dalla realizzazione del trio Getter Robot, Fewture annuncia la ristampa dei suoi primi modelli Ex Gokin chiamandoli Repaint Version. Per differenziare le nuove versioni da quelle del 2006, Fewture decide di cambiare la tonalità della colorazione e di inserire nelle confezioni alcuni accessori in più. Chiaramente l’uscita di queste nuove edizioni ha fatto la felicità di chi in precedenza aveva mancato l’acquisto delle prime versioni diventate ormai economicamente inavvicinabili. Nel Settembre 2009 esce sul mercato il Getter 1 che ovviamente è strutturalmente identico alla versione precedente, la confezione è uguale  box esterno in cartone con successiva estrazione a “matriosca” prima di poter mettere le mani sul modello. All’interno troviamo il Getter, sulla sinistra la pettorina rossa, la placca addominale bianca, la maschera facciale, il generatore energetico, la capsula verde con il tappino, 8 fregi rotondi, 1 paio di mani aperte e 4 lame grigie. Sulla destra invece sono posizionate le 2 Tomahawk, la Getmachine Eagle ed il mantello rosso. Ribaltando la confezione ed aprendo il vano sottostante troviamo invece la basetta espositiva, l’asta di sostegno e un piccolo display stand aggiuntivo per esporre la navetta Eagle…..chiude il tutto il foglio delle istruzioni in bianco e nero riportante le semplici operazioni di assemblaggio.

Il Getter 1 è molto pesante e massiccio, pesa 950 grammi ed è alto 24 cm. E’ composto quasi totalmente in metallo ad esclusione di alcune parti come la testa, le mani, le spalle, il mantello e le due Tomahawk,  gioia per i puristi della sacra zama ^___^ e non. La verniciatura è curata, sulla mia copia non ho riscontrato alcun tipo di imprecisione, le plastiche si mescolano cromaticamente molto bene con tutto il resto della verniciatura su metallo. La nuova tonalità azzurrina del bianco non è molto accentuata, restituisce nella sua globalità un tono più scuro a tutte le parti chiare del modello facendo risaltare di più le quelle rosse. La posabilità è ovviamente identica al predecessore, le gambe godono di una buonissima apertura ed avanzamento grazie agli snodi a scatto, dal ginocchio in giù è possibile anche ruotare leggermente lo stinco. Il piede s’inclina e ruota discretamente, mentre la punta può essere piegata singolarmente. Le braccia godono di molta libertà di movimento, rotazione a 360 gradi, ma il sollevamento laterale non raggiunge completamente la linea retta con il busto. C’è anche la possibilità di spostamento avanti e indietro delle spalle anche se questo movimento è limitato un pochino dalla piastra pettorale….. solo togliendola si potrà beneficiare della massima escursione. Gli avambracci ruotano sul proprio asse e possono essere piegati fino a 90 gradi grazie ad un’articolazione a scatto. Come noto l’assemblaggio di questi modelli è ottenuto incollando sullo scheletro in plastica  parti in metallo, di per se già una cosa non molto buona, ma ovviamente anche per queste edizioni Repaint le cose non sono state cambiate. Quello che è cambiato è il materiale plastico di alcune parti, soprattutto quello in ABS che al tatto risulta essere molto più morbido rispetto alle First Version. Ho riscontrato alcuni problemi dovuti proprio a questo fattore, la maschera facciale non rimane in posizione, ma tende costantemente a staccarsi dalla propria sede. Anche la pettorina rossa soffre del medesimo problema, mi è capitato più di una volta di trovarla staccata dal busto, come se il materiale plastico respingesse verso l’esterno i perni in metallo!

Come detto all’inizio nella confezione è presente la Getmachine 1…..la navetta è lunga 12 cm, larga nella parte posteriore 9 e raggiunge un peso di 157 grammi. Nella parte terminale sono presenti gli stessi avambracci del Getter 1 dotati di cutter laterali. La piastra pettorale funge da cupolino di copertura per la cabina di pilotaggio, sollevandola è possibile visionare il posto di guida. Anche sulla Getmachine Eagle gli avambracci possono essere ruotati e aperti all’esterno, questo permette una piccola simulazione di aggancio con le altre due Getmachine Jaguar e Bear. E’ costruita quasi totalmente in metallo e nella parte sottostante troviamo il simbolo circolare identico a quelli che sono posizionati sulla schiena del Getter. In questa edizione Repaint i fregi sono diventati ben 8, Fewture ha deciso di realizzarne delle copie anche con numeri normali, di fatto nella confezione troviamo sia i simboli in carattere giapponese che quelli con la numerazione normale. Ovviamente quelli riportanti il carattere ed il numero 1 sono doppi, uno per il Getter ed uno per la Getmachine.

Le armi presenti nella confezione principale sono le due Tomahawk, di forma identica a quella del Getter First Version con ovviamente tonalità di colore cambiata. Sono totalmente in gomma dura ed un pochino fragili all’attaccatura con la lama. Il sistema per l’impugnatura è il medesimo visto in precedenza, incastro a sfera sulla mano del Getter. Oltre alle due classiche asce il Getter 1 dispone di una nuova arma aggiuntiva che, come per la precedente edizione, si trova nella confezione del Getter 3. Per questa Repaint Version Fewture ha creato la  Gigantic Double Tomahawk, una enorme scure di dimensioni davvero gigantesche. La scatola in realtà è un piccolo set contenente dieci pezzi, nel blister trasparente sono alloggiate le parti che compongono l’arma, un nuovo set di pugni forati, un accessorio per la schiena ed una piccola basetta rotonda. Le parti che compongono la grande Tomahawk sono sei, l’asta assomiglia maledettamente alla trivella del Getter 2 con ovviamente una lunghezza superiore. All’estremità superiore vengono fissate le due lame laterali identiche a quelle che ci sono sulle braccia del Getter 2, poi è la volta della parte più grande, le lame sagomate. Una volta montate rimangono le due estremità terminali a doppia punta che vanno a completare l’arma. La Gigantic Double Tomahawk assemblata è alta ben 40 cm!!!!! Posizionata nella mano forata del Getter 1 trova appoggio tramite la piccola basettina rotonda che ho menzionato poche righe sopra. Esteticamente nulla da dire, questa nuova arma spacca veramente la mascella, ma il rovescio della medaglia è il peso eccessivo di questo accessorio! Se tenuta in posizione verticale non esistono problemi, ma appena si tenta di abbozzare una qualsiasi altra posa il busto del Getter 1 viene inesorabilmente sbilanciato dal peso dell’enorme Tomahawk! Diciamo che con qualche escabotage si riesce comunque ad ovviare al problema sbilanciamento, una soluzione valida è far appoggiare una delle due lame che si trovano sull’impugnatura ad una gamba del modello, in poche parole si deve cercare un sostegno per poter scaricare l’eccessivo peso della parte superiore. Questa nuova arma nasconde però una seconda funzione, la parte centrale con le grandi lame può essere utilizzata come ali aggiuntive sulla schiena del Getter 1, montando il piccolo supporto nero al posto del simbolo numero 2 si ottiene l’agganciamento al modello. Una volta posizionate le nuove ali posso anche essere orientate in diverse posizioni, grazie ad uno snodo ad atrito le due parti possono piegarsi sia verso l’interno che verso l’esterno. 

Non mi sono dilungato più di tanto nella descrizione tecnica perché il modello è l’esatta copia dei Getter 1 e Getter Black usciti in precedenza. Ho posto doverosamente l’accento sulle novità introdotte in questa versione e sui problemi riscontrati a causa dei materiali plastici. In definitiva Fewture ha ristampato il suo precedente prodotto cercando soprattutto di diversificarne il contenuto e la colorazione guardandosi bene dal modificarne la struttura portante. In definitiva io la vedo come un’occasione persa per cercare di risolvere quelli che sono i punti nevralgici del progetto costruttivo. Bella la novità della basetta espositiva per la Getmachine e della Gigantic Double Tomahawk che risulta essere accessorio ben più versatile rispetto alla Missile Machine Gun vista nella prima edizione. L’estetica come sempre non ha rivali, l’impatto che questi Getter hanno, nonostante questa sia comunque una ristampa, è sempre davvero devastante e questo alla Fewture lo hanno capito davvero molto bene!



sabato 26 ottobre 2013

GETTER DRAGON EX GOKIN FROM GETTER ROBOT G


La linea Ex Gokin è da sempre sinonimo di reinterpretazione, design e metallo, il suo creatore Taku Sato intraprese una strada molto diversa rispetto alle altre case di produzione cercando di reinventare in chiave più moderna alcuni personaggi robotici dell’animazione giapponese. Sato decise di rielaborare esteticamente uno dei robottoni nati dalla fantasia di Ken Ishikawa, il Black Getter Ryoma Mode. L’aspetto un po’ tarchiato lasciò spazio ad una linea più slanciata, i particolari del disegno originale vennero completamente stravolti e ridisegnati ottenendo un modello dall’estetica molto più aggressiva! In breve tempo questo nuovo stile venne ribattezzato come Gotic Design ed il Black Getter diventò il capostipite di quella che oggi è una delle serie più apprezzate da moltissimi appassionati e collezionisti del settore. Come tutti sapete la linea Ex Gokin da sempre porta con se gioie e dolori, ritardi rispetto alle date annunciate, scelte tecniche a volte discutibili ed un controllo qualità non sempre all’altezza, hanno impresso una sorta di marchio indelebile sulle produzioni di casa Fewture. Lo scomparso Taku Sato da subito trovò terreno fertile per le sue rivisitazioni nelle varie serie Getter Robot, dopo la sua prematura dipartita vennero mostrati alcuni bozzetti a cui il noto designer stava lavorando, fra i vari disegni pubblicati c’era anche il trio Getter Robot G, Getter Dragon, Getter Liger e Getter Poseidon…..

Luglio 2012, con un comunicato ufficiale Fewture annuncia che all’esposizione Wonder Festival verrà mostrato il prototipo del nuovo Works Ex Gokin tratto dalla serie Getter Robot G! Immediatamente dopo l’apertura della fiera ecco comparire in rete le foto del Getter Dragon Ex Gokin in tutta la sua imponenza, insieme al prototipo vengono anche mostrate le sagome degli altri due Getter che verranno presentati più avanti.

Ottobre 2013…..puntuale come un orologio svizzero Fewture Art Storm rilascia sul mercato il nuovo Ex Gokin Getter Dragon andando ad infrangere quella che purtroppo era diventata una consuetudine, il ritardo rispetto alla data annunciata! Change Gettaaaaa Dragon…..

Eccoci arrivati al momento tanto atteso, il nuovo Ex Gokin Getter Dragon è arrivato ed immediatamente andiamo ad analizzare il lavoro svolto da Fewture. La presentazione del prodotto è immutata, brown box di cartone (55x40x18,5cm) riportante il nome della serie e del modello con all’interno la ormai classica confezione lucida (50x34x12cm) con il volto del Getter diviso a metà. Aprendo il contenitore in polistirolo troviamo tutto il contenuto imballato e protetto in sacchetti di cellophane trasparente, leggermente decentrato troviamo il modello contornato dai set di mani e dalle ali. In alto a sinistra c’è una piccola scatola di plastica trasparente con all’interno la maschera facciale del Getter Dragon, due placchette rosse da posizionare sulla schiena, il generatore energetico ed i classici tre simboli rotondi da applicare sulla schiena del modello. Sotto a questa scatolina è posto un piccolo sacchetto con all’interno una vite ed un misterioso oggetto uncinato…..andando sulla parte sinistra della confezione ci sono le due Tomahawk e l’immancabile Getmachine 1. Come sempre nella parte sottostante sono alloggiati i due display stand con l’asta di sostegno, chiude la dotazione di serie il classico foglio illustrativo. Estraendo il modello si notano subito due cose importanti…..niente più pettorine da assemblare, il nostro Dragon è dotato di pettorina apribile già montata sul corpo.....la seconda cosa che si nota è invece la sensazione di minor pesantezza rispetto ai modelli precedenti. Non bisogna però farsi ingannare, il Getter Dragon pesa 902 grammi per un’altezza di 26 cm. Analizzando il modello si scoprono interessanti cambiamenti strutturali e, non nego, anche una certa sorpresa nell’impiego dei materiali sul corpo del Getter. La percentuale di metallo è sensibilmente diminuita rispetto alle produzioni Shin Getter e Black Getter/Getter 1, Fewture ha alternato parti in metallo a parti in plastica, ad eccezione del bacino che è completamente in ferro, ogni parte sul corpo del Getter Dragon è assemblata con la combinazione zama/plastica. Entriamo ora nel dettaglio di quella che è la distribuzione dei materiali facendo un piccolo elenco per ogni sezione del corpo. 

Testa e collo – plastica e ABS.
Busto – pettorina rossa e parte frontale azzurra in metallo – parte azzurra dietro e parte grigia addominale in plastica.
Spallacci – plastica.
Braccia – spalla e bicipite in ABS – avambraccio in metallo.
Bacino – metallo.
Femori – parte anteriore in plastica – parte posteriore in metallo.
Stinchi – parte anteriore in metallo – parte posteriore – plastica e metallo.
Piedi – metallo.

Come si può notare sono state sostituite con la plastica parti che normalmente son state realizzate in metallo, la novità è essenzialmente la presenza di queste parti sul busto, addome e gambe. La sensazione che ho avuto io è che alla Fewture abbiano deciso di alleggerire il lavoro delle articolazioni cercando di ottenere una maggior sicurezza per tutta la struttura del modello. Onestamente approvo tale scelta, ben vengano pochi grammi di zama in meno per ottenere un prodotto molto più affidabile e solido. Il modello comunque risulta essere ben bilanciato, la distribuzione dei pesi è ragionata ed omogenea su tutto il corpo cercando di mantenere in vista frontale quasi tutte le parti in metallo ad eccezione dei femori. Qui però mi sorge un dubbio, per quale motivo le due metà in plastica sono state montate sul frontale? Sinceramente non riesco a spiegarmelo, piuttosto temo in un errore di assemblaggio sulla copia in mio possesso. Sul fronte della struttura interna nessun cambiamento, lo scheletro del Getter Dragon è costituito da parti in plastica quasi sempre ancorate alla corazza esterna tramite l’ausilio di viti sapientemente nascoste alla vista. Osservando attentamente si scorgono viti all’interno delle sedi che ospitano le articolazioni dei femori, ginocchia e ancoraggio caviglie. Nel retro del bacino, anch’esso composto da due parti, sono posizionati due classici tappini del medesimo colore per non far rimanere in vista gli alloggiamenti delle viti. Per quanto riguarda il busto da segnalare la presenza di una singola vite centrale posta proprio dentro la sede del generatore energetico visibile chiaramente solo estraendo l’accessorio in questione tramite l’impiego del ferretto uncinato menzionato all’inizio.  Le foto promozionali presenti sul sito Art Storm ci hanno sempre presentato un modello molto posabile, alcune pose riprodotte facevano chiaramente presagire una grandissima posabilità. Posso assolutamente confermare che il Dragon raggiunge nuovi traguardi da questo punto di vista, le articolazioni presenti offrono realmente un’ampia gamma di movimenti  in grado di far assumere al Getter pose estremamente dinamiche! Analizziamo nel dettaglio le varie parti mobili del modello scoprendo anche qui alcune novità…..la testa ed il collo hanno snodi indipendenti, ogni parte quindi è libera di potersi muovere indipendentemente rispetto dall’altra. L’escursione più ampia è quella del collo che, grazie ad una sede più larga, può ruotare completamente sia a destra che a sinistra. La testa ruota liberamente, ma al contrario della parte sottostante non gode di un ampia inclinazione avanti/indietro. Il busto è governato da un doppio snodo centrale il quale ci permette di ottenere ben tre azioni contemporaneamente…..inclinazione, basculante e rotazione. Il tutto si può realizzare con estrema facilità e sicurezza, dimenticatevi l’esile perno centrale del Getter 1, sul Dragon è presente una vera e propria articolazione di notevoli dimensioni che offre davvero grande affidabilità! I movimenti d’inclinazione avanti/indietro sono a scatto con due posizionamenti, quelli basculanti destra/sinistra e rotazione sono invece ad atrito. Da notare che la rotazione del busto non è minima, ma raggiunge livelli discretamente ampi. Osservando la parte bassa del busto si notano due sagomature che sembrano fatte appositamente per le dita delle mani, di fatto sulle istruzioni è indicata proprio quella parte per compiere l’operazione di rotazione. Davvero encomiabile il lavoro fatto sulle articolazioni che gestiscono i movimenti degli Spallacci o copri spalle. Queste due grandi parti in plastica, poste proprio sopra alle spalle del Dragon, possono essere mosse liberamente grazie all’impiego di tre snodi raggruppati in un unico pezzo. Invece di attaccarsi direttamente sopra alla spalla, come avviene per esempio nel GX51 Bandai, Fewture ha introdotto un sistema del tutto diverso, direttamente sul perno che permette la rotazione delle braccia è stato inserito un anello con un braccio snodato. Su questa parte troviamo appunto due snodi, uno permette di alzare lo spallaccio, mentre il secondo a sfera permette di orientare ed ulteriormente inclinare la parte in questione. Ma non finisce qui, la base ad anello permette addirittura la rotazione avanti/indietro ampliando notevolmente le possibilità di posizionamento dello spallaccio svincolandolo completamente dal movimento del braccio! Le braccia ruotano, si alzano e possono essere estese in avanti verso il petto e si può tranquillamente riprodurre la posizione a braccia conserte, i vari movimenti sono gestiti da articolazioni a scatto e ad atrito. Il sollevamento laterale è a scatto, mentre quello di rotazione ed avanzamento sono ad atrito. Medesimo discorso anche per gli avambracci che sono stati dotati di un doppio snodo che permette di piegare questa parte quasi completamente sopra al bicipite! La prima dello snodo, quella direttamente attaccata al bicipite per capirci, è ad atrito e consente anche la rotazione, la seconda posta direttamente sull’avambraccio è a scatto permettendo di piegare la parte fino ad un massimo di novanta gradi. I tre set di mani presenti sono dotati di un perno molto robusto che permette il piegamento verso l’interno, l’aggancio all’avambraccio è invece assicurato da un collegamento a clips, un sonoro “tac” sarà il risultato della corretta connessione. Il perno usato è di dimensioni notevoli ed è in plastica dura, offre senza dubbio ottime garanzie rispetto a quelli usati in precedenza. Gli arti inferiori replicano ciò che si è visto sullo Shin Getter, divaricazione notevolissima, rotazione sul proprio asse, movimento avanti/indietro e ribaltamento dello stinco quasi a toccare il femore. Per gli snodi delle anche sono state apportate delle modifiche piuttosto importanti, Fewture ha sostituito le articolazioni a scatto con quelle ad atrito lasciandomi davvero a bocca aperta! Queste parti sono però di notevoli dimensioni e la resistenza offerta in fase di movimento e decisamente accettabile, ne troppo morbida ne troppo rigida. Ovviamente l’impiego di questo tipo di articolazioni non garantisce la medesima tenuta di quelle a scatto e con l’andare del tempo potrebbero perdere un po’ della loro efficacia se sottoposte ad usura continua. Ho potuto testare abbastanza questi snodi durante la realizzazione del report fotografico, dopo due giorni di sollecitazioni posso dire che la loro tenuta non è mutata rispetto all’inizio. Bisogna però riconoscere che la sicurezza offerta da snodi a scatto sarebbe stata veramente la soluzione migliore, in definitiva per me è un passo indietro che francamente stento a capire. Discorso completamente diverso va fatto per la parte bassa delle gambe, i movimenti dei poderosi stinchi rossi sono un qualche cosa di fantastico che permettono al Getter Dragon di assumere davvero pose estreme. Concepiti esteticamente in modo diverso, queste articolazioni mi ricordano molto quelle degli ultimi GX Bandai. Nel modello Ex Gokin tutto lo snodo rimane in vista nella parte posteriore della gamba, ma tutto è concepito in modo da non rovinare esteticamente il modello andando ad incastonarsi perfettamente nelle sagome create da Fewture. Piccola curiosità, i dischi rotondi che si trovano esattamente sulle ginocchia possono essere spostati molto semplicemente con un dito, non seguono più il movimento dell’articolazione, questo consente un adattamento puramente estetico per andare a coprire lo spazio lasciato dall’apertura in fase di piegamento. Caviglie e piedi si adattano perfettamente a tutte le pose che il modello può ottenere, l’inclinazione ottenibile a scatto è davvero enorme raggiungendo quasi i novanta gradi. Oltre ad inclinarsi i piedi possono anche piegarsi verso il basso o verso l’alto e come da tradizione piegare solamente la punta che è dotata di articolazione. Aggiunta di tutto rispetto è uno strato di gomma rigida sotto la pianta del piede, questo permette al modello di non scivolare se appoggiato su superfici molto lisce, osservando molto attentamente si nota come la pianta del piede non tocchi a terra, ma rimanga sollevata di un paio di millimetri grazie allo spessore della parte sottostante. La verniciatura è molto curata, i colori sono accesi e non vi sono imperfezioni di nessun genere. La prova del fuoco è non far notare lo stacco cromatico fra materiali diversi che hanno la medesima colorazione, devo dire che Fewture ha lavorato davvero molto bene, bisogna toccare con mano per accorgersi delle differenze fra parti in metallo e parti in plastica. La tonalità del colore è davvero identica in ogni parte del corpo, forse una piccolissima differenza la si nota sui femori bianchi, ma bisogna andare davvero molto vicino per accorgersi della diversità cromatica.
  
La dotazione accessori di questo nuovo Ex Gokin non è eccelsa, all’interno della confezione ci sono solamente tre paia di mani, due Tomahawk, le ali e la Getmachine. I set di mani riproducono il pugno chiuso, l’impugnatura delle armi ed il palmo completamente aperto con alcune dita leggermente piegate. Le due grandi Tomahawk sono lunghe 13 cm e larghe 8 nella parte della lama, si dividono in due parti lungo l’impugnatura per poter essere posizionate nell’apposita mano. Quattro i colori di queste armi, grigio scuro e grigio chiaro per il corpo principale, giallo per la testa puntuta e oro per la punta terminale. Nel disegno originale il Getter Dragon è dotato di due grandi ali a punta che si uniscono nella parte centrale, Fewture ha realizzato ovviamente una interpretazione diversa rispetto all’originale. Le due componenti che troviamo nella confezione vengono agganciate dietro alla schiena del modello grazie a due perni con sistema a scorrimento, una volta posizionate non vi è il minimo pericolo di distacco, questo grazie a due fermi posti all’estremità dei perni di sostegno. Ogni parte è composta da tre ali sovrapposte, ruotando verso l’esterno ogni ala può essere posizionata a piacimento ad  altezze diverse creando una sorta di raggera dietro alla schiena del Getter Dragon con un ingombro massimo in apertura  di 35 cm. Oltre a questo le ali possono essere orientate sia verso l’interno che verso l’esterno, questo grazie ad uno snodo posto esattamente sulla parte terminale della sede di aggancio. Esteticamente sono ben rifinite, sono state anche incise varie pannellature per evitare un effetto visivo piatto che avrebbe rovinato l’estetica del modello. Dopo la marea di problemi riscontrati sulle ali dello Shin Getter Fewture non poteva certo permettersi di sbagliare nuovamente, le ali di questo Getter Dragon sono assolutamente perfette, l’aggancio è sicuro e di facile utilizzo, lo spiegamento delle ali avviene con un sistema ad atrito che funziona decisamente bene. Sono assicurate alla struttura da un grande perno passante che ne garantisce la stabilità, niente viti ed occhielli in plastica che si rompono. Ultima nota è per la basetta espositiva, troviamo il solito disco con l’asta di sostegno regolabile. Anche qui una novità, il bloccaggio del modello avviene ora tramite fissaggio a vite, nel retro bacino c’è un piccolo sportello in plastica grigia che sollevandosi rivela la sede per l’inserimento del sostegno. Una volta fatta questa semplice operazione basterà infilare la vite e bloccarla. Piccola nota estetica, sarebbe stato meglio verniciare lo sportellino con il medesimo colore del bacino, peraltro presente sulle foto promozionali del prodotto.

Come sempre ogni Getter di casa Fewture è accompagnato dalla propria Getmachine ed ovviamente anche il Dragon non ne è sprovvisto. La Getmachine Dragon è lunga ben 13 cm, larga 7,5 nella parte posteriore per un peso complessivo di 135 grammi. La navetta è composta nella sua parte superiore da parti in metallo, mentre tutta la parte sottostante è in plastica. Confrontandola con la Eagle del Getter 1 si nota una differenza di circa 20 grammi di peso in meno. La verniciatura è ottima e non presenta imperfezioni, è possibile esporre la Getmachine sull’apposito display stand da posizionare accanto a quello del modello.

Fewture ha svolto un lavoro quasi perfetto su questo Getter Dragon, la cosa davvero positiva è la dimostrazione di aver cambiato in meglio un progetto strutturale che più di una volta si è dimostrato poco affidabile. La riprogettazione è palese e si vede chiaramente che è stata fatta usando finalmente un criterio giusto andando a bilanciare i pesi nel modo corretto sulle parti più pesanti del modello. L’uso di materiali finalmente di qualità, soprattutto per le plastiche che ora sono davvero molto valide e resistenti, fanno apprezzare ancor di più la bontà del lavoro svolto in casa Fewture. Alcune scelte tecniche come lo snodo ad atrito al bacino lasciano un po’ di perplessità, ma nel contesto generale la struttura del Getter Dragon funziona alla grande restituendo davvero grande affidabilità e sicurezza nel suo utilizzo. Esteticamente questo è il Getter meno stravolto della serie Ex Gokin, il tratto è rimasto molto vicino al disegno originale di Ishikawa e  sono convinto che questo sia proprio uno dei punti di forza di questa realizzazione proprio perché il Dragon di Last Day, a cui chiaramente Sato si è ispirato, è già di per se aggressivo e massiccio. Forse è presto per dire che la strada intrapresa è quella giusta, attendiamo il trio Getter G al completo per giudicare nella sua completezza la bontà del lavoro svolto da Fewture. Nel frattempo però godiamoci il nuovo Getter Dragon…..spiegate le ali…..impugnate i Tomahawk…..Gettaaaaaaaaaaaaaa Ooooone!!!!!!!!!!!!